Il mio sole è nero



Victor del Arbol
Il mio sole è nero
mondadori
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Le colpe dei padri ricadono sui figli. Trasmigrando e disegnando il codice genetico di chi lo riceve. Disegnando i dettagli di un futuro che è circolare. E descrivendo un destino che si potrebbe prevedere perchè già accaduto nella sua circolarità in un passato non così remoto. Accade tra le pagine de “Il mio sole è nero”, thriller storico che inghiotte fino all’ultima pagina. Si snoda attraverso due generazioni, messe a confronto, divise da decadi ed attraversate da eventi epocali. La vicenda comincia a Mérida nel 1941: Isabel Mola tiene saldamente per mano suo figlio sul marciapiede di una stazione immersa nel silenzio. Deve lasciare la Spagna al più presto. Deve soprattutto lasciare suo marito, un crudele e fanatico falangista. Il complotto messo in atto per ucciderlo è fallito, Isabel è stata tradita dall’uomo che diceva di amarla. Non partirà. Barcellona 1977: María Bengoechea è una giovane avvocatessa che ha appena vinto una causa importante. È riuscita a far condannare un ispettore colpevole di aver torturato e ridotto in coma un informatore della polizia. Non sa di aver scoperchiato un tragico vaso di Pandora. La condanna di quell’ispettore riapre infatti un’oscura vicenda che affonda le sue radici nella Spagna filonazista degli anni successivi alla Guerra civile: un quarantennio di odi, vendette, furori, di cui María è stata sempre ignara, anche se scorrono nelle sue vene e hanno segnato a fondo la storia della sua famiglia. Qualcosa la unisce a quella Isabel scomparsa in una stazione di provincia, un legame tenuto per anni gelosamente segreto, una catena di intrighi, tradimenti, vendette che si sono perpetuate nel corso di tre generazioni, trasformando ogni volta le vittime in carnefici. E che oggi presentano il conto. Nel raccontarci come un regime fondato sull’odio si sia autoalimentato, Víctor del Árbol ci offre il ritratto di una società ossessionata dal suo passato più oscuro, in cui tutti possiedono un ruolo attivo.

bea buozzi

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