Il mistero della reliquia dimenticata



Stefano Santarsiere
Il mistero della reliquia dimenticata
NewtonCompton
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Nella Val d’Agri, cuore petrolifero della Basilicata, a Santerio, un paesino di quelli in cui tutti si conoscono e non succede mai niente, accade una serie di fatti insoliti o meglio una serie di disgrazie. Tanto per cominciare una misteriosa e letale epidemia di antrace che man mano colpisce tutto il bestiame dei locali allevamenti, seguita dalla comparsa nelle campagne di alcuni altari votivi che sembrano ricreare un’iconografia paganeggiante, poi il tentativo di furto di un’antica reliquia all’interno della chiesa di San Rocco, il venerato santo locale e infine l’uccisione di una vecchia donna, con la scena del crimine inquinata da croci e candele rituali. Orrore, paura!            La polizia si mobilita, i media si fanno avanti e tra loro soprattutto la invadente voce e macchina da ripresa al servizio dalla giornalista Rosalba Castaldo di Televalle che ficcando il naso dappertutto spinge gli eventi verso una piega inattesa. Sarebbe possibile, a parte la plausibile scarogna che in uno sperduto paesino della Basilicata non sia il caso ma invece un criminale intdnto a collegare tre fatti, che non parrebbero avere alcun punto in comune tra loro. Oppure? Beh, tanto per dire Santerio, quel paesino della Basilicata è proprio “speciale” anche per un’altra inconfessabile e segreta ragione: vi si è trasferito il diavolo in persona. Sissignori padronissimi di non crederci ma proprio lui, Lucifero, l’angelo caduto, che da millenni vaga sulla Terra sotto mentite spoglie, cambiando a suo piacere fattezze e personificazioni, vive tra gli uomini come se fosse uno di loro. Infatti per sfuggire alla caccia dell’Arcangelo Michele e dei suoi tosti compari, Gabriele e Uriele Ezechiele, che sono sulle sue tracce e lo cercano in lungo e in largo per ricacciarlo all’Inferno, o almeno così crede lui. Il diavolo ha scelto di tenere un basso profilo costringendosi a impersonare Lucio Lobello, un quasi straccione, ludopatico, ubriacone e sballato di droghe che si mantiene vincendo ai video giochi taroccati e cerca di tenersi lontano dalle rogne. Ma non gli riuscirà perché, per colpa di una stupida mossa falsa, verrà arrestato e indagato per furto e omicidio e, per scagionarsi dalle accuse infondate e scampare alla condanna, sarà costretto ad allearsi proprio con uno di quelli che dovrebbero essere in suoi più diretti e temibili avversari: il prete di San Rocco, Don Vito, che lo obbligherà a investigare per lui come un novello Ellery Qeen. E stavolta la diabolica sua millenaria esperienza non aiuta affatto a individuare il criminale che la voce popolare ha soprannominato Geppetto (come da “collodiana” memoria). Ciò nondimeno il misterioso tentato furto, i delitti, la maledizione dell’antrace che contagia il bestiame, troveranno le loro spiegazione con le indagini che si incasellano una dopo l’altra e che porteranno alla soluzione, regalandoci un finale non scontato.        Ma uno spunto così ben congegnato, spiritoso e brillante come era quello del diavolo giocatore che faceva subito presagire faville nella trama, finisce invece con il languire per strada, perdendo originalità e sperdendosi in mille rivoli. Peccato perché l’idea c’era ed era ottima.

 

Patrizia Debicke

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