Il mistero della stanza blu – Riku Onda



Riku Onda
Il mistero della stanza blu
Mondadori
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Un romanzo particolare questo, se vogliamo difficile da inquadrare ed anche da seguire.

Molto accattivante ed elegante nella scrittura come gli autori giapponesi ci hanno abituato,  del resto è stato selezionato  dal “New York Times” come uno dei migliori libri del 2020.

La trama così come viene esposta nelle prime pagine ci racconta che in una notte calda e afosa degli anni Sessanta  nella città giapponese di K viene compiuto un misterioso ed efferato omicidio: durante una festa di compleanno a casa del dottor Aosawa, un eminente medico proprietario di un’importante clinica, diciassette persone muoiono avvelenate. L’unica sopravvissuta della famiglia è la figlia Hisako, mentre sul tavolo della cucina viene ritrovata una lettera con un verso criptico, probabilmente lasciata dall’assassino. Hisako, che ha perso la vista dopo un incidente, è tra i pochi testimoni della strage ma non ricorda quasi nulla: nel suo interrogatorio confuso parla soltanto di una stanza blu, piccola e semibuia, e di fiori bianchi. Pochi mesi dopo, il fattorino che ha consegnato le bevande alla festa viene trovato morto, apparentemente suicida, con un biglietto in cui si dichiara colpevole dell’omicidio. Le indagini si chiudono frettolosamente, ma in molti sono convinti che altre persone siano in realtà coinvolte nel delitto. 

La vicenda, così come raccontata, mette in luce alcuni significativi aspetti della società nipponica come l’esasperata applicazione delle regole e delle convenzioni sociali, l’ipocrisia, nemmeno  tanto occulta, che permea anche i normali rapporti familiari fino a sfociare in rancori che consumano pericolosamente l’anima.

Il romanzo si svolge su diversi piani temporali, prima quello degli accadimenti della tragedia, poi dieci anni dopo, ad opera della ricostruzione  di Makiko Saiga, che all’epoca dei fatti era una bambina amica, insieme ai due suoi fratelli, della figlia sopravvissuta alla strage, ricostruzione iniziata come ricerca per una tesi di laurea e poi diventata best seller in tutte le librerie, e destinata a rimanere unica opera libraria dell’autrice.

Infine eccoci a trent’anni dopo, quando ritroviamo i protagonisti della nostra storia  invecchiati ma ancora disgustati  da  quella  malvagità, quella  propensione al male  e quella crudeltà che non hanno mai dimenticata.

La storia viene dipanata attraverso le testimonianze di quelle che vengono definite “persone interessate ai fatti” che raccontano ciò che ricordano costringendo il lettore a pensare, ad archiviare dati e fatti quasi ad essere anche lui investigatore. Sicuramente è un libro che va letto e forse anche riletto, un libro intelligente che costringe a pensare.  

E’ questo un romanzo appartenente  ai gialli “honkaku” che sfidano il lettore a trovare la soluzione del delitto, ma è anche un affresco lucido, a tratti impietoso, di una società che a noi occidentali appare ancora misteriosa e distante.

Una nota curiosa da sottolineare è la dedica dell’autrice a Michel Petrucciani “che non è vissuto abbastanza per poter vedere il Ventunesimo secolo”…

La domanda è perché?

Riku Onda (1964) è una scrittrice giapponese. Autrice di numerosi romanzi, ha vinto alcuni tra i più prestigiosi riconoscimenti letterari in Giappone, tra cui il premio Naoki nel 2017.

Roberta Gatto

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