Libri, racconti, graphic novel sceneggiature e sto dimenticando qualcosa. Sei un tipo decisamente eclettico: ti va di presentarti per chi ancora non ti conosce?
Classe 1976, orgogliosamente Rhodense, qualche anno fa ho deciso di fare lo scrittore e sto ancora tentando di capire come. Tutte le forme in cui ho lavorato, dal fumetto ai romanzi ai cartoni animati, sono tentativi in un percorso il cui obiettivo finale continua a cambiare e che non so se finirà mail.
Come autore ti ho conosciuto anni fa con Zentropia, un libro distopico, leggo che frequenti l’horror, la bizarro fiction e il new weird, e ti ritrovo con Il silenzio dell’acqua, Mondadori, un’opera decisamente diversa dalla tua normale produzione. Qual è stato il tuo percorso di scrittura in questi annIl percorso ha dovuto adattarsi ai mutamenti del mercato editoriale, in cui alcuni generi sono diventati sempre più complicati da proporre al pubblico, e in cui comunque i linguaggi di diversi media si mescolano e si tenta quindi di proporre lo stesso franchise in media diversi. Io che mi sono sempre ritrovato nel mezzo tra più campi, sono stato coinvolto in queste intersezioni forse proprio per questa mia capacità di passare da un medium all’altro.
È piuttosto anomalo che da una fiction si tragga un libro, di solito succede il contrario. Come è nato questo progetto?
Devo ringraziare Leonardo Valenti, assieme a Jean Ludwigg creatore della serie tv de “Il silenzio dell’acqua”. Oltre a essere amici abbiamo una grande stima professionale reciproca e da anni ci ripromettevamo di lavorare assieme. Nella stesura della seconda stagione del Silenzio dell’Acqua c’era stata l’idea di una trama, ma poi si è deciso di andare in un’altra direzione. Quindi era rimasto un plot interessante che sarebbe stato un peccato lasciare in un cassetto. Così Leonardo ha pensato di trarne un romanzo e mi ha chiesto se volessi scriverlo. Io ho chiesto al mio editor in Mondadori se l’editore fosse interessato, e la risposta è stata positiva.
Quali insidie nascondeva? Quali sono le difficoltà di inserirsi in una trama già tracciata?
Ti sei preso qualche libertà?
Le insidie principali erano mantenere un’assoluta coerenza con i fatti della prima stagione, non anticipare o contraddire la trama della seconda stagione, e per quanto mi riguarda, fare giustizia alla caratterizzazione dei personaggi. Questo è diventato talmente centrale che uno dei conflitti principali è proprio la diversa caratterizzazione di Luisa Ferrari e Andrea Baldini: lei perfetta detective, intuitiva e piena di risorse, Andrea un uomo di buon cuore che non può credere che nel piccolo paradiso in cui vive si possa annidare il male. Un uomo “troppo buono” per fare il poliziotto, ma questa sua caratteristica sarà quello che permetterà di risolvere l’indagine. Per quanto riguarda la trama, avevo ricevuto la proposta di Leo e Jean, ma mi sono permesso di fare delle osservazioni e suggerire delle modifiche che sono state accolte, poi ci siamo sentiti per definire alcuni dettagli e grazie a loro ho potuto avere la certezza che la storia sarebbe stata perfettamente coerente con quanto veniva prima e dopo. Ho inserito alcuni elementi, come un minimo di background ad Andrea o qualche dettaglio sulla vita privata di Luisa, ma appunto sono state “libertà” passate al vaglio dei creatori della serie e da loro approvate.
Quanto le immagini della serie televisiva hanno influenzato la tua scrittura?
Tantissimo. Nel romanzo avrei dovuto descrivere luoghi, oltre che personaggi, quindi mi sono rivisto la serie schiacciando il tasto pausa ogni minuto perché volevo che ogni dettaglio delle scenografie tornassero anche nelle descrizioni del romanzo. Volevo che anche gli spettatori più attenti tornassero sulle stesse scene in cui si mostravano certi luoghi e potessero dire: “sono descritti esattamente come appaiono nella serie.”
Il libro parte dalla fine della prima stagione, ci sono delle differenze di trama tra seconda stagione e libro?
La trama è totalmente differente, ma in perfetta continuity. In un certo senso è come se anticipassimo, senza fare spoiler, alcuni elementi di trama della seconda stagione. Ma in accordo sia con Leonardo e Jean sia con Mondadori, abbiamo reso il romanzo perfettamente leggibile anche per chi non avesse visto la prima stagione della serie (che però siamo costretti a spoilerare all’inizio del romanzo: non si può avere tutto…)
Il silenzio dell’acqua avrà un seguito?
Non saprei, come romanzo dipenderà dalle vendite del primo, e come serie, dipenderà da Mediaset.
Il silenzio dell’acqua potrebbe diventare una graphic novel? Tutti i libri possono diventare un fumetto o servono delle caratteristiche particolari?
Diciamo che un franchise ben scritto e solido, con un concept chiaro, si può adattare ad ogni medium, poi bisogna valutare l’opportunità dell’operazione, se si pensa che si possa trovare un pubblico anche in quella forma specifica. Ma in generale niente impedisce di saltare allegramente tra un medium e un altro e di creare fumetti, audiodrammi, videogiochi.
Ci consigli un libro, una graphic novel e una serie?
Il libro è “L’ora dei dannati” di Luca Tarenzi. Un romanzo che ha un concept strepitoso: alcuni dannati vogliono evadere dall’Inferno di Dante Alighieri. È letteralmente “Prison Break” nell’inferno di Dante. Il libro è il primo di una trilogia e trovo che sia geniale usare Dante in maniera filologica e rigorosa per creare un mondo fantasy.
Come graphic novel consiglio “Il dio vagabondo” di Fabrizio Dori. La storia di un satiro che faceva parte del seguito di Dioniso e che si ritrova ad errare nel mondo di oggi. Un capolavoro pluripremiato in Francia.
Una serie… sono davvero troppe. A parte consigliare la visione de “Il silenzio dell’acqua” su Mediaset Play per chi fosse incuriosito, in questi ultimi anni una delle mie preferite è “Better Things” di Pamela Adlon, la storia di una attrice e madre single che si trova ad affrontare la vita di tutti i giorni dovendo crescere tre figlie di età diverse e avendo a che fare con la disumanità che caratterizza la quasi totalità dei rapporti umani attorno a lei e che fa sempre lo sforzo di essere empatica e appunto umana, quasi a suggerire che sia l’unica e ultima forma di resistenza possibile in questa società e in questo periodo storico. Una dramedy freeform straordinaria.
Frequentavi spesso le serate milanesi di Borderfiction con Pinketts, ti va di lasciarci un ricordo del grande Andrea?
Mi ricorderò sempre di una serata in cui lo riportai a casa da Belgioioso, ovviamente in direzione Trottoir. Non avevo idea di cosa dire perché avevo paura di annoiarlo: io ragazzino che aveva pubblicato pochissimo, lui un gigante, come scrittore e come persona. Dopo qualche minuto di silenzio imbarazzatissimo e di me che guido con occhi pallati, mi fa: “Tu hai pubblicato dei racconti?” “Sì, su Urania.” “Mi piacciono i racconti.” E lì sotto a parlare di Poe e Cechov, con gli occhi che gli brillavano, senza nemmeno un accenno al “personaggio” Pinketts, ma solo di uno scrittore che amava la letteratura in ogni sua forma. Il più grande complimento che mi fece fu quando presentò Zentropia proprio durante una serata di Borderfiction. “Questo romanzo è stato scritto da una persona molto intelligente. Quasi quanto me.”
“Quasi quanto Pinketts.” Non è vero nemmeno un po’, ma se fosse il risultato del mio percorso da scrittore, sarei già contento.
MilanoNera ringrazia Adriano Barone per la disponibilità