Intervista a Francesco Abate

Il 26 ottobre è uscito il nuovo libro di Francesco Abate: I ragazzi di città.
Lo scrittore si è reso disponibile a rispondere ad alcune domande, nonostante le febbrili giornate di vigilia e di sviluppo promozionale del suo pirotecnico romanzo.

I personaggi dei tuoi romanzi, svelando man mano la loro natura, costruiscono la trama e danno il ritmo alla storia. T’ispiri a tipologie note o essi sono frutto di pura immaginazione letteraria?
C’è un attento studio fatto negli anni. Poi un occhio all’evolversi delle storie formulate da altri narratori, non importa se su libro, fumetto, cinema o teatro. Al termine c’è il lavoro personale, quasi il frutto di una digestione.

Massimo Carlotto ha definito “Il cattivo cronista” il più bel romanzo su Cagliari scritto negli ultimi anni, anche nel tuo nuovo lavoro la città è orizzonte irrinunciabile della storia, quali sono le caratteristiche culturali della tua terra che ti offrono maggiore ispirazione?
Mi interessa lo scontro fra culture che avviene inesorabilmente in ogni città di mare, di commercio, d’affari, di gestione del potere. Osservo con attenzione anche l’incontro tra due mondi: quello della Sardegna delle zone dell’entroterra e quello di una città che ha aspirazioni da metropoli. Quanto uno influenzi l’altra. La perdita di un’identità a favore di una nuova.

Furio, il protagonista de “I ragazzi di città”, vive con coraggio una dualità di “regolare” esercitando la professione d’avvocato e una dimensione più trasgressiva di DJ, credi nella contaminazione di due differenti stili di vita per vivere un’esistenza soddisfacente?
Credo che non siamo fatti per una vita da condurre su un unico binario che ripete ossessivamente la stessa tratta, andata e ritorno e ancora andata e ritorno fino alla fine dei nostri giorni. Mi piace pensare, con spirito più anglosassone che mediterraneo, che tutti noi abbiamo una sola vita da vivere ed essa sia da spremere sino all’ultimo aprendoci ad itinerari alternativi, nuove esperienze ed avventure.

I tuoi personaggi femminili hanno una forte connotazione decisionista e in qualche caso sono assolutamente indispensabili e funzionali al ritmo del racconto, pensi che il genere noir possa essere messaggero di una nuova poetica letteraria sulla donna?

Solitamente mi accusano del contrario. Vale a dire di riservare alle donne dei miei romanzi i ruoli più scomodi e meno brillanti. Insomma di passare il genere femminile al tritacarne. La verità è che mi piace essere implacabile con il genere umano e se una luce deve essere lasciata, la fiammella, l’affido alla mano di una donna.

I tuoi libri accompagnano la generazione anni 90 alla sua maturità, senza guardare indietro con nostalgica tristezza, pensi che mantenere viva la memoria di come si era possa favorire una visione dinamica di una nuova stagione?
L’unica lente che penso di non dover utilizzare nel guardare al passato, è quella della nostalgia. Mantenere la memoria favorisce non solo una visione dinamica del presente, ma ne può influenzare il destino. Il passato non si può buttare, ritorna sempre, con la differenza che, quando fa nuovamente capolino, si ha il vantaggio di aver riflettuto abbastanza da capire come gestirlo.

La musica nei tuoi romanzi è un elemento fondamentale, tu sei sempre stato un pioniere di nuove tendenze musicali grazie al tuo alter ego di DJ, la stessa curiosità è rivolta anche al mondo della letteratura?
Sono una persona curiosa. Sempre a caccia di stimoli. Non perchè mi annoi, non perchè consumi, bruci e butti. Piuttosto penso che musiche, storie e sensazioni che non conoscevo mi fanno godere e amplificano la mia conoscenza. In genere sono una persona entusiasta, solare.

Tu sei anche giornalista professionista e t’ approcci di continuo ai fatti di cronaca nera, cosa pensi della spettacolarizzazione dei fatti criminosi e della morbosità dei servizi mediatici? Pensi che il genere noir possa “educare” le persone ad una corretta lettura della realtà criminale?
A questa domanda non rispondo. Non per scortesia. Piuttosto per creare attesa. Mi dicono che ho in cottura ho un libro che parlerà proprio di questo. Altro, mi dicono, non posso aggiungere.

alessandra Anzivino

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