Intervista a Giuliano Pasini

downloadManager, padre, scrittore di successi che l’hanno portato spesso nei piani alti delle classifiche e per i quali è stato meritatamente premiato. Il suo terzo libro Il fiume ti porta via, è uscito da pochissimo. Si sa molto di lui ma, per conoscerlo meglio e farlo conoscere ai lettori, ho voluto scavare e quindi… ecco a voi.
Un’intervista vuole sempre sapere qualcosa dell’uomo oltre che dello scrittore.
Cosa fai nella vita oltre a scrivere e fare il marito e papà di tre bambini? Come riesci a conciliare il tutto?
Lavoro, e ho pure un lavoro impegnativo. Sono partner di Community, una delle più grandi società italiane che si occupano di comunicazione. In sostanza, siamo i colli di clessidra tra imprese e imprenditori e media. E gli imprenditori si alzano presto, mentre i giornali chiudono tardi. La mia giornata tipo? Alle cinque sveglia, fino alle sette scrittura, poi vado ad alzare i figli man mano che si svegliano, leggo i giornali (li ho su tablet, alle 8 di mattina ho già letto tutti i principali), faccio colazione con mia moglie, se riesco accompagno il bimbo grande all’asilo, poi lavoro, lavoro, lavoro, attorno alle 20 torno a casa, fino alle 21.30 si mettono a letto i bimbi, poi cena e chiacchiere con mia moglie (il tempo con lei è quello che mi manca di più). Alle 23 si va a nanna e si legge. E alle cinque… I fine settimana riempiti da presentazioni o festival o premi… Cari i miei aspiranti scrittori, ecco la magica vita che vi aspetta!

Complimenti, leggere per credere (dico io). Tu sei originario dell’Appennino Emiliano (vedi Venti corpi nella neve), vivi ancora nel Trevigiano, mi pare (vedi: Io sono lo straniero), cosa ti ha spinto ad ambientare il tuo terzo romanzo nella Bassa?
È una terra per me di un fascino incredibile, discreto, mai aggressivo. Una terra che rappresenta, per me uomo di collina, una sorta di negativo fotografico: tutto piatto dove nel mio immaginario è tutto salite e discese, una terra con una cucina forte, orgogliosa, quasi mitica; e una terra ferita dal sisma del 2012 i cui abitanti hanno dimostrato e stanno dimostrando una forza impressionante, e una voglia di ripartire ancor più impressionante. “Il fiume ti porta via” è un atto d’amore per loro e per la loro terra.
Amore che traspare nelle pagine, ma torniamo a te: c’è molta poesia in questo libro e i celati richiami a Guareschi sono continui e palpabili. E i personaggi, alcuni così vicini ai suoi, incredibilmente veri. Quanto ti sei divertito a riportare in vita quel suo mondo?
Direi di non averlo dovuto riportare in vita: il mondo piccolo di Guareschi è vivo più che mai, presente nel nostro immaginario come pochi altri; nel nostro e in quello di tanta gente in giro per il pianeta. È un mondo eterno, perché fatto di valori eterni, e di maschere eterne. La mia sfida è stata piuttosto riportare in vita il mondo dei racconti più che quello dei film che sono molto più noti… Il mondo piccolo di Ponte Ratto e non di Brescello, insomma: i racconti di Guareschi non erano ambientati nel piccolo comune del reggiano, che fu una fortunata scelta cinematografica, ma in un immaginario Ponte Ratto, che guarda caso è il capoluogo del mio altrettanto inventato Pontaccio!

Un trait-d’union voluto e saldissimo dunque. Venti corpi nella neve, dicevamo, è la prima avventura di Roberto Serra. Hai dichiarato che il tuo libro, selezionato dal Premio del Gruppo Gems, è stato pubblicato per la prima volta con successo in e-book. Ti senti di dire, dati i tempi e le contingenti difficoltà editoriali, che l’e-book possa rappresentare una buona strada sul mercato italiano per arrivare anche ad altro?
Rubando le parole di Luca Poldelmengo, direi agli aspiranti autori di “avere tigna” e di provarle tutte. L’ebook per me è stato fondamentale, quindi… perché no? Non bisognerebbe farsi affliggere a priori da paranoie del tipo “è tutto un magna magna”: chi scrive qui è la dimostrazione che si può fare anche da soli, senza santi in paradiso.

Meglio, concedi una sana boccata d’aria a chi avrebbe le carte per cominciare. Ora invece una domanda necessaria anche se forse molto scontata. Un autore regala spesso qualcosa di sé al suo protagonista. C’è qualcosa di Giuliano Pasini in Roberto Serra?
Roberto è asociale, per non dire tendenzialmente sociopatico, ha perso i genitori in una tragedia il giorno del suo sedicesimo compleanno, prova un amore assoluto per una donna con cui non riesce a tenere in piedi un rapporto, è afflitto da un male oscuro che non ha diagnosi né terapia certe… quindi, direi: no, Roberto Serra non sono io. Condividiamo qualche passione, che lui affronta in modo molto più radicale e assoluto. Forse il modo di cucinare, senza assaggiare e seguendo l’ispirazione, ci accomuna. E anche la tremenda testardaggine che abbiamo. Ma è tutto.
Cucinare e testardaggine, bene, bene. Ti rappresentano.

Ma andiamo più a fondo. In Il fiume ti porta via sembra quasi che la pazzia voglia toccare con mano Roberto Serra. Si fa l’ipotesi di epilessia idiopatica. Sarebbe plausibile che il suo incidente con i genitori durante l’adolescenza l’abbia scatenata, anche se non credo affatto che la danza sia riconducibile solo a quello? Oppure? E sua figlia Silvia che non ha compiuto ancora un anno? Non è prematura e troppo drastica la diagnosi fatta al Sant’Orsola anche per lei?
Non posso addentrarmi in spiegazioni per due ordini di ragioni: non sono un medico e ci sono altri romanzi con Serra protagonista e con la piccola Silvia sulla scena. Diciamo che la Danza, che per me è una forma di empatia estrema che Roberto prova verso le vittime – ma anche gli assassini – sta arrivando ad avere contorni più precisi, romanzo dopo romanzo…

Per saperne di più, appuntamento alle prossime avventure, allora? Ciò nondimeno, quanti grandi della storia – ne cito alcuni a caso: Alessandro Magno, Buddha, Giulio Cesare, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Napoleone e più vicino a noi Alfred Nobel, sono ricordati come epilettici. Grandezza ed epilessia dunque andrebbero di pari passo. Ora Roberto Guerra ha un immenso carisma perché riesce sempre a trovare qualcun altro che crede in lui, donne e uomini, nell’ultima avventura torna Mixielutzi, le new entry: Massimo Minimo e Serenella. Cosa gli manca per diventare un grande anche lui?
Roberto un grande? Non ce lo vedo. Rifiuterebbe gli allori (o li userebbe per cucinare).

Ah, ah e perché no! Ottima idea. Però ora mi rituffo nella serietà con la maiuscola: parlando di matti, la mente corre inevitabilmente a Mario Tobino e alle sue storie di matti così vere e così allo stesso tempo belle e crudeli. In Il fiume ti porta via La Cà de Matt, Colorno, la reggia svilita in manicomio, è quasi una protagonista del romanzo. La follia serpeggia ancora in quelle mura che la tenevano sotto chiave. Ora si vuol farci credere di averla sconfitta. Quanto dobbiamo ancora temerla?
Cos’è la follia? Questa è la domanda che serpeggia in tutto il romanzo. E’ un male dell’anima, come si credeva fino a non molti anni fa? O un male del corpo? O un male della mente? E noi chi siamo? Siamo il nostro corpo? La nostra anima? O il nostro cervello. La reggia di Colorno, luogo di un fascino indescrivibile, è stata l’occasione per scrivere questo romanzo, è la vera protagonista con i tanti fantasmi che la popolano. Fantasmi di duchi, conti, re e persino imperatori. E di umili matti che hanno camminato sugli stessi pavimenti.

Vero! Un’importante protagonista che trasuda storia e romanticismo. Infelicità?
Alice, la sua compagna e incerto lumicino, sembra perduta, la piccola Silvia anche ma, alla fine di Il fiume ti porta via, con il mondo in fibrillazione per la strage delle Torri Gemelle, Sernagiotto, il cattivo, proprio lui il nemico, riporta Roberto Serra a una migliore realtà, annunciandogli un trasferimento. Dove sarà Serra nel prossimo romanzo della serie? O è ancora un segreto?
Segretissimo. Anche se mi pare di avere dato sufficienti indizi nell’epilogo. O dici che sono stato troppo criptico? C’è un rifugio sicuro nel futuro di Roberto. Ricordando che il primo capitolo del mio primo romanzo con lui come protagonista s’intitolava: “nessun rifugio è abbastanza sicuro”…
Grazie Giuliano e a molto presto, spero

Patrizia Debicke

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