Patrick McGrath è uno scrittore molto amato dalle lettrici perché nello scrivere prova a immaginare le varie emozioni e sentimenti e è empatico verso i personaggi. Partendo dall’interesse per le persone che sono per lui la principale fonte letteraria arricchisce le storie con descrizioni dei paesaggi e della natura che li circonda. Descrive con grande attenzione anche le professioni esercitate dai vari personaggi documentandosi minuziosamente. Per esempio, per descrivere lo psichiatra di Trauma, ha interrogato alcuni psichiatri, tutti gli avevano detto di aver scelto questa professione anche perché in passato avevano fatto soffrire la propria madre. Questo particolare ha arricchito il personaggio del libro.
Per scrivere concepisce la trama dividendola per scene, con grande attenzione per l’inizio e la fine di ogni scena.
Figlio di uno psichiatra ha trascorso l’infanzia vivendo nel manicomio criminale di Broadmoor dove lavorava il padre.
E’ più legato all’Inghilterra o agli Stati Uniti?
Sono irlandese di origine, nato e cresciuto a Londra. A 21 anni mi sono trasferito in Canada, di lì una trentina d’anni fa mi sono spostato a New York.
Ho sempre vissuto a Manhattan vicino al ponte di Brooklin, nella parte vecchia della città. E’ il centro finanziario, molto trafficato di giorno e tranquillo di notte. Ho ambientato quasi tutti i miei romanzi in Inghilterra, descrivendo i miei ricordi dei tempi in cui vi avevo vissuto. Negli ultimi tre, ambientati a New York, ho dovuto modificare sia la costruzione delle frasi che la lingua soprattutto nelle forme di cortesia. Non mi riconosco un’identità ben precisa, anche se mi accorgo di interessarmi di più alla politica e cultura americana perché ci vivo.
Perché ha scelto di parlare della follia?
Sono affascinato dalla follia, gli individui possono combattere contro i pericoli che vengono da fuori mentre i pericoli che vengono dalla mente sono molto più complicati, cambiano i fatti e non si sa più chi siano veramente i nemici. Sono interessato dal disordine generato dalla forza dei sentimenti che può far sì che la fragilità della mente umana venga sgretolata.
Cosa pensa del film Spider alla cui realizzazione ha collaborato come sceneggiatore?
L’ho trovato affascinante, un capolavoro. L’ho visto insieme a Cronenberg, ne sono molto orgoglioso. E’ molto diverso dal libro, libro e film sono sempre diversi, cambiano i dettagli ma l’ essenza è la stessa.
A cosa sta lavorando in questo periodo?
Sto scrivendo un romanzo che ho iniziato immaginando una porta chiusa, qualcuno sta suonando il violino, è una ragazza di dodici anni ma non la vedo e no so chi sia.
Sono partito di lì, sono a buon punto ma ci vorranno ancora almeno 6 mesi per finirlo. C’è anche un matrimonio che finisce per colpa di George W. Bush, lui lo ammira e lei lo odia. Per descrivere il carattere di lei mia moglie (l’attrice Maria Aitken) mi aiuta moltissimo, anche nei dettagli. Per esempio mi ha spiegato che quando una donna sui trucca se usa un ombretto vistoso poi deve usare un rossetto di colore tenue.
E lei da che parte sta?
Sto con Obama. Organizzo sempre dei party nella mia casa di New York in occasione delle elezioni presidenziali. Nel 2000 alla prima elezione di Bush la gente era contenta. Nel 2004 alla seconda elezione, la gente non era contenta. Quest’anno, con la vittoria di Obama, è stato il miglior party della mia vita. Antonio Monda ha scritto un articolo su Repubblica raccontando la grande gioia e contentezza dei presenti.
Obama è un uomo saggio e buono, forte e realistico, sa cosa l’America deve fare per uscire dal disastro e dalle catastrofi causati da George W. Bush.