Intervista ai Kai Zen



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Intervista ai Kai Zen
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Kai Zen è un collettivo di scrittori il cui approccio alla scrittura è totale. Lo dimostra Delta Blues, sin dalle premesse: è una cover di Cuore di tenebra di Conrad, una rilettura consapevole di un classico in chiave ambientalista. Non a caso fa parte del progetto di Edizioni Ambiente che a metà tra impegno e generi porta avanti un discorso che va oltre la mera narrativa per puntare ai contenuti e all’inchiesta ecologista ma non volutamente faziosa. La metafora per immaginare Delta Blues è Skip James in Africa che canta il dolore di una terra inquinata nel profondo, il petrolio che cola dagli oleodotti dell’Ente e nessuno che si preoccupi di sanare la ferita. Costa troppo. Chi ci prova è un illuso, merita la gogna, l’esilio: addirittura la minaccia della vita.

Regna sovrano l’Ente, non servono nomi perché è un’entità astratta solo nella facciata, è il modello per decine di multinazionali tutte uguali. Un romanzo d’avventura, on the road, nero come la pece, e stavolta ha un senso ricorrere a un’immagine del genere, dove sangue e sudore vanno a braccetto, dove l’humus riesce faticosamente a imporsi sulla hybris, e l’unico sempre sconfitto è l’animale uomo, troppo incivile, troppo barbaro, troppo violento. La struttura del romanzo, a più voci, con svariati punti di vista come riferimento per un lettore sempre ben guidato, funziona come un coro di denuncia, pomposo ma non retorico. Una bella cover, si direbbe in musica, che non fa pensare a un peccato di lesa maestà.

Qui di seguito l’intervista ai Kai Zen.

Presenta Delta Blues ai nostri lettori: la sua genesi, i suoi obiettivi.

Delta Blues è la storia di un uomo alla ricerca di un senso. Un senso da dare al proprio lavoro, al proprio ruolo nel mondo, alla propria vita. Invece di trovare risposta alle sue domande, quest’uomo smarrisce se stesso nel cuore verde e oscuro della terra. Sarà allora un secondo uomo a mettersi sulle sue tracce, ma come spesso avviene a chi cerca l’impossibile, colui che cerca, si perderà a sua volta. L’obiettivo di questa storia è difficile da focalizzare: la ruota gira e continuerà a farlo finché ci sarà qualcuno che racconta, poi, semplicemente, il sipario calerà sulla scena, senza dare spiegazioni.

Se fosse una canzone, Delta Blues sarebbe una cover. Com’è stato affrontare un romanzo partendo da un originale altrui? Come avete lavorato per renderlo vostro?

Tutti noi avevamo già letto Cuore di tenebra anni fa. Abbiamo dunque preferito affrontare la prima fase di costruzione della struttura e della scaletta e dei personaggi, basandoci solo sulla memoria, in modo che venisse fuori quel che avevamo assorbito in profondo del romanzo, senza farci influenzare troppo da impressioni troppo fresche e magari caduche. Dopo questa prima fase, lo abbiamo riletto, scoprendo, con una certa sorpresa, quanto sentissimo ormai vicini, consueti i temi e il tono della narrazione. Da quel momento la scrittura è fluita in modo molto naturale, e ci siamo anche permessi di impreziosirla in qualche punto con piccoli campionamenti di frasi dall’originale, tre o quattro in tutto, parole a cui ci eravamo particolarmente affezionati. L’aggiornamento della visione e del ritmo sono venuti da soli. Ci sembra un buon lavoro, ma non sta a noi dirlo.

Che tipo di ricerche avete svolto per il tema principale della storia, l’impatto ecologico del petrolio? Quali sono state le difficoltà nel cimentarsi con un romanzo d’inchiesta che pur tangendo i generi – il noir, l’avventuroso – è soprattutto tanto tremendamente intriso di realtà?

Abbiamo lavorato con libri, inchieste, reportage, documentari e naturalmente con la rete. Era balenata l’idea di andare in Nigeria, ci eravamo informati con alcuni reporter che erano stati da quelle parti, ma il tempo e il costo per il viaggio non giocavano a nostro favore. L’editore è stato un’ottima fonte di informazioni, man mano che proseguivamo nella stesura e avevamo bisogno di dati, informazioni, conferme e smentite abbiamo chiesto a VerdeNero e loro ci hanno risposto puntualmente e celermente, indicandoci dove e come cercare ed eventualmente con chi parlare. Le difficoltà si sono presentate nel momento in cui abbiamo dovuto cucire fiction e realtà assieme, sembra banale dirlo ma la seconda è molto ma molto più imprevedibile della prima. Abbiamo maneggiato personaggi e situazioni che sembrano pura invenzione narrativa, al limite del credibile, del cliché o del fumetto, eppure nella maggior parte dei casi si trattava di realtà e non di finzione. L’Africa si presta alla perfezione per questo tipo di lavoro, nonostante tutto, nonostante le distanze siano sempre più brevi e la possibilità di esplorare l’ignoto sia a portata di mano, esistono ancora luoghi che conservano tutto l’esotismo e la ferocia adatti a questo tipo di romanzo.

matteo di giulio

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