Incontriamo Antonio Tentori, esperto e prolifico sceneggiatore di solida esperienza del cinema horror e thriller, oltre che autore di numerosa e autorevole saggistica sulla filmografia di genere, e anche poeta e poi scrittore di racconti e romanzi. Una fantasia fertile e poliedrica, una mente vivacissima e competente, un professionista che non esita a ritagliarsi ruoli da interprete nei film che scrive.
Caro Antonio, hai cominciato la tua attività di sceneggiatore nel cinema di genere italiano con un grande maestro come Lucio Fulci, purtroppo spesso penalizzato da una critica ingenerosa e da una cronica penuria di mezzi. Quali sono i ricordi più significativi della vostra collaborazione?
Lucio Fulci è stato il mio maestro, il primo regista che ha creduto nelle mie potenzialità e mi ha dato la possibilità di scrivere per lui. I miei ricordi sono innumerevoli, perché oltre la collaborazione c’era anche un’amicizia e ci frequentavamo al di là dei film da realizzare. Tra l’altro mi ha fatto conoscere Aristide Massaccesi, con cui ho lavorato, nel periodo in cui stava preparando “Le porte del silenzio” prodotto da Aristide. Nell’ultima parte della sua filmografia le produzioni erano quasi tutte low budget, ma Lucio non si scoraggiava mai, anzi era una continua fucina di idee e progetti. Una creatività sempre fertile, che l’ha portato a dirigere anche in quel periodo film che sono diventati cult, come “Un gatto nel cervello” che ho avuto il piacere e il privilegio di scrivere con lui e Giovanni Simonelli, con Fulci nel ruolo di se stesso. Era ironico e graffiante, sempre con la battuta pronta ed era poi un vero piacere ascoltare i suoi racconti e aneddoti di cinema e non. Ritengo che sia un autore ancora da considerare nella sua interezza. Mi ha insegnato alcune cose fondamentali sul cinema: lavoro, tecnica, professionalità e (non ultima) umiltà.
Hai stabilito un sodalizio artistico anche con il regista Bruno Mattei, un artigiano del genere anch’egli bersagliato dalla critica. Puoi raccontarci qualche esperienza con lui, col quale credo tu abbia condiviso anche i set in località esotiche?
Quando ho conosciuto Bruno avevo già scritto i miei primi film. Era già da tempo che volevo incontrarlo e l’occasione è stata trovarsi insieme a un festival di cinema horror a Livorno all’inizio degli anni Duemila, che poi sarebbe diventato il Joe D’Amato Horror Festival. Mi sono presentato e molto semplicemente gli ho chiesto che avrei voluto collaborare con lui. Devo dire che mi ha colpito subito per la disponibilità e gentilezza con cui mi ha risposto. Poco dopo abbiamo iniziato una intensa collaborazione, che ha portato alla realizzazione di sei film. Erano tre erotici, un erotico-carcerario e due film di zombi, tutti girati nelle Filippine. Intanto eravamo diventati amici e sono stato aiuto regista in tre di questi film. Due li abbiamo girati a Manila, ma il terzo è quello di cui ho i ricordi più significativi: era “The Jail” ed è stato girato a Pagsanjan, un paese vicino alla giungla, negli stessi luoghi dove Coppola ha realizzato “Apocalypse Now”. Un caldo tropicale e una notevole fatica, ma anche un’esperienza indimenticabile.
Sei da anni un amico e un collaboratore apprezzato del Maestro assoluto del genere, Dario Argento. Come si è svolto il vostro lavoro comune attorno al progetto cinematografico di “Dracula”?
Conosco e frequento Dario Argento da oltre trent’anni e nel tempo l’ho intervistato molte volte, ho scritto due libri sul suo cinema e sono stato con lui in rassegne, incontri e festival. Quando abbiamo scritto “Dracula”, insieme all’altro sceneggiatore Stefano Piani, Dario voleva fare qualcosa di diverso dai film fatti fino a quel momento. Ci siamo ispirati al romanzo, eliminando alcune parti come quelle ambientate a Londra, e ci siamo concentrati soprattutto sul personaggio di Dracula e sulla storia d’amore tra lui e Mina Harker. L’idea di Dario è stata quella del potere di Dracula di trasformarsi in animali differenti, non solo il lupo, ma anche scarafaggi, ragni, civetta, mantide. Allo stesso tempo ha la facoltà di apparire e sparire. L’altra idea è stata quella di fare di Dracula un personaggio crudele e sanguinario ma anche dominato dall’amore eterno che ha per la sua donna, per lui reincarnata in Mina. Lavorare con Dario Argento è stata una tappa fondamentale, sia dal punto di vista umano che per la mia attività, e gli sono grato per avermi dato questa possibilità.
Ti ho visto partecipare come interprete a film scritti da te (“Come una Crisalide”) o da altri (“Blood on Melies’ Moon”, del regista e nostro amico comune Luigi Cozzi). Cosa si prova a recitare in film scritti ma non diretti da te?
Mi è sempre piaciuto interpretare dei piccoli ruoli e continuo a farlo. In realtà ho iniziato a fare il generico negli anni ‘80 e in seguito alcuni registi con cui ho collaborato mi hanno chiamato a fare una parte. Se il film è scritto da me chiaramente sono più coinvolto, ma mi diverto ugualmente anche negli altri. Per quanto riguarda la regia non ho mai avuto velleità in questo senso e dopo averlo scritto il film diventa del regista che deve realizzarlo. L’elenco dei film in cui sono apparso sarebbe troppo lungo comunque, oltre a quelli che hai nominato, mi è capitato di partecipare a film di Brass, Argento, Avati, Albanesi, Manetti Bros., Lamberto Bava e poi in film che ho scritto per Fulci, Mattei, Stivaletti, Lepori.
Puoi spiegare a un novizio appassionato del genere come la saggistica dell’editore Profondo Rosso, alla quale hai validamente contribuito nelle collane dirette, scritte e supervisionate da Luigi Cozzi, possa servire a conoscere in maniera completa e scorrevole la storia del cinema giallo thrilling?
Ritengo che il mio amico Luigi Cozzi con la sua casa editrice stia pubblicando un’esaustiva panoramica dei vari generi cinematografici italiani e non, dall’horror alla fantascienza. Per quanto riguarda il giallo-thriller, ma anche il poliziesco italiano, credo siano stati pubblicati guide interessanti e facili da consultare.
Cinema, saggistica, narrativa, poesia e persino fumetto (“Fantastico Tex”, Kawama, 2013). Come fai ad alimentare una fantasia così articolata? Leggendo o vedendo opere di altri autori o semplicemente dalle tue esperienze personali?
Fin da giovanissimo ho visto film, letto libri e fumetti, frequentato mostre d’arte, ascoltato musica: ho assorbito senz’altro tutto questo e poi il resto lo fa la fantasia e anche le mie esperienze, anche se trasformate o sublimate.
Dopo il nostro esordio con il romanzo “La voce del buio”, abbiamo altri progetti editoriali da concretizzare, sempre gialli thrilling. Secondo te quali sono le diverse caratteristiche della suspense in narrativa letteraria e cinematografica?
Questa è la domanda più difficile! Scherzi a parte, esistono sicuramente delle differenze, ma anche delle caratteristiche in comune. Per esempio saper calibrare la tensione e far si che il lettore o lo spettatore non si distragga mai. Si tratta della “sospensione dell’incredulità”, ovvero quando il fruitore di un romanzo o di un film, in questo caso del genere giallo, crede in quello che l’autore sta raccontando senza porsi domande sulla verosimiglianza della storia.
Grazie della disponibilità, caro Antonio. L’appuntamento con lettori e spettatori è in libreria o al cinema.
Grazie a te, Enrico e un caro saluto agli amici di Milano Nera.