Dopo ” Il prigioniero della notte” Federico Inverni, lo scrittore italiano dall’identità segreta, torna nelle librerie con il nuovo thriller ” Il respiro del fuoco”.
Ciao Federico, vorrei ripartire dal punto dove ci eravamo lasciati la scorsa volta. Alla mia domanda se prevedevi un libro della stessa serie, avevi risposto: “So solo che il passato di Lucas e il presente di Anna hanno ancora molto da raccontare, da esplorare, molto di nascosto… E di pericoloso.”.
Cosa hai scoperto di loro scrivendo “Il respiro del fuoco?”
Molte cose, e molto inattese! Quando ho iniziato a scrivere di loro, con Il prigioniero della notte, li conoscevo ancora poco. Sapevo alcune cose sul loro passato, ma era il loro presente che mi interessava esplorare, e il modo in cui avrebbero interagito. Ed è questo aspetto che ho voluto approfondire. Lucas è ancora enigmatico e sfuggente, ma nel Respiro del fuoco gli sta succedendo qualcosa che nemmeno lui riesce a capire a fondo. Di certo c’è che il suo passato sta riemergendo dalle nebbie della memoria perduta, e che assieme ai ricordi riaffiorano emozioni che non sapeva più provare. Per Anna, abituata per lavoro e per indole a ‘elaborare un profilo’ di chiunque incontri ed entri nella sua vita, Lucas è il più affascinante ed inquietante degli enigmi. Il loro rapporto è carico di tensione, e mi ha divertito molto raccontarne l’evoluzione…
Che atmosfera troverò leggendo questo libro?
Apocalittica! Immagina un luogo perduto ai margini di una città, un incendio che divampa, un rituale del fuoco che miete vittime… Ed è solo l’inizio.
La scena principale del crimine sarà ancora la mente con i suoi angoli bui?
Senza dubbio, perché anche se la messa in scena del romanzo è fatta di molti ingredienti, dall’azione alla detection pura, è sempre il nostro ‘labirinto interno’, la mente, che mi attrae più di ogni altra cosa. Ho cercato di usare il fuoco come leitmotiv metaforico di un’indagine sugli abissi della mente, chiedendomi: quanto è fragile la nostra coscienza? Quanto è manipolabile?
Sei appassionato di enigmi e crittografie, hai nascosto qualcosa tra le righe del libro?
Certamente sì… Come nel primo libro. Mi diverte moltissimo guardare al linguaggio da prospettive oblique, manipolare le parole come fossero oggetti e… seminare indizi ed enigmi. Finora pochissimi, per esempio, si sono accorti che quasi tutti i cognomi dei personaggi del Prigioniero della notte non erano altro che la traslitterazione fonetica dei cognomi di serial killer famigerati…
Dopo il primo libro,Il prigioniero della notte, è cambiato qualcosa nel tuo approccio alla scrittura, alla costruzione della trama e dei personaggi?
Probabilmente sì, ma non saprei dire esattamente cosa… Affronto la scrittura con incoscienza, ma dopo una lunga fase preparatoria in cui mi documento, prima, e poi stendo una struttura articolata e dettagliata. Ho seguito lo stesso metodo anche questa volta, ma forse, ecco, se c’è una cosa che è un po’ cambiata è che ho provato, in alcuni passaggi, ad ‘ascoltare’ di più i miei personaggi. Specialmente Anna, a cui sono molto affezionato.
Dopo l’intervista dello scorso anno, sono stata bersagliata da messaggi in cui si dava per scontato che io sapessi la tua vera identità e mi si chiedeva di svelarla. Ti diverte questa curiosità?
Non avendo scelta, quanto alla questione pseudonimo, cerco di non pensarci più di tanto, ma… sì, mi diverte! Anche se mi interessa molto di più che siano i miei romanzi a divertire!
Cosa ti dà lo scambio di messaggi con i lettori sui social? Ti sei lasciato in qualche modo influenzare dai commenti?
I lettori e le lettrici sono semplicemente meravigliosi! Per come posso, cerco di coinvolgerli e li ascolto eccome. Ma non saprei dirti se mi lascio influenzare o meno, probabilmente sì ma senza che me ne accorga… E permettimi di spendere una parola in più su un sottoinsieme dei lettori che mi hanno contattato sui social: le libraie e i librai. Sono davvero tutte persone magnifiche, e svolgono un lavoro importantissimo per il quale non dovremmo mai smettere di ringraziarli.
La scelta di un nom de plume ti toglie la possibilità di incontri, presentazioni. Non ti manca questo lato, se vuoi un po’ narcisistico, della scrittura?
No, a dire il vero non ne sento la mancanza. In parte perché in qualche modo i social media aiutano a supplire e forniscono occasioni di contatto, in parte perché davvero preferisco che siano i romanzi e soprattutto i personaggi a ‘metterci la faccia’. I lettori entrano in contatto con loro, principalmente. Ed è bene così.
Sei conscio che un giorno Il Sole24ore potrebbe dare la caccia alla tua identità facendo le pulci alle dichiarazioni dei redditi?
Ah, l’affaire Elena Ferrante! Ma insomma, che bisogno c’era di arrivare a quel punto? Un anno fa ero in Inghilterra e ho fatto due chiacchiere con un libraio proprio su questo argomento. La Ferrante andava già molto bene e ho chiesto al libraio se in qualche modo la questione ‘anonimato’ c’entrasse in qualche modo con il suo successo. Mi rispose, molto semplicemente, che ai lettori interessano i libri. Ma diciamo che se dovessimo arrivare a quel punto, nel mio caso, ne approfitterei per scrivere un thriller su un autore sconosciuto e un giornalista troppo curioso… 😉
La precedente intervista a Federico Inverni
http://www.milanonera.com/intervista-a-federico-inverni/
Guarda il booktrailer de ” Il respiro del fuoco”