Intervista a Francesco Carofiglio – Il maestro

518M3uP9HpL._SX324_BO1,204,203,200_Il Maestro è Corrado Lazzari,   il più grande attore del Novecento protagonista del nuovo romanzo di Francesco Carofiglio  (“Il Maestro” Piemme), un libro che è poesia, monologo teatrale, indagine psicologica, racconto della vita di un uomo che sulla scena ha assunto tanti ruoli, ha vestito diverse identità, e adesso in solitudine  riflette sulla sua esistenza e la riscopre e forse comprende grazie a un incontro.  Dalle scene teatrali, l’anziano e solo Corrado si ritrova nella sua silenziosa casa romana a ripensare e ricomporre la sua vita professionale sollecitato dalla giovane Alessandra studentessa di lettere con indirizzo teatrale.
Un libro che scava nel cuore dei personaggi che riconferma la scrittura fluida e pulita di Carofiglio e che omaggia grandi voci della letteratura che Corrado incrocia nella sua carriera.Le parole della scena diventano luce e speranza e sono indelebili e anche se “Gli anni si sciolgono come un gelato al sole” il teatro ha opere che “sono il respiro della terra”.

Vita fittizia e vita reale si intersecano e Corrado ripercorre la sua professione di attore mettendo ordine tra i ritagli di giornali che parlano di lui. La sua è un’indagine su se stesso?
Corrado Lazzari è stato il più grande attore del novecento. Ma adesso il mondo non si ricorda più di lui. Ogni giorno mette ordine nell’archivio della sua vita, con metodo, con una cura quasi ossessiva. Forse è un modo per sentirsi ancora vivo.Esperienze, situazioni, emozioni vissute ma molte mancate o sacrificate.

La storia di Corrado è anche fatta di rinunce,  di occasioni mancate o di gesti perduti o desiderati come può essere un abbraccio?
Certo. È così. È sempre così per tutti noi. Tutti noi abbiamo, almeno una volta, perso una grande occasione.

 

“La stanza lontana dai rumori del tempo che è andato” è la tana di Corrado da lì guarda e si immagina il mondo.È una sorta di palcoscenico ma può essere anche una camera chiusa come quella dei polizieschi?
L’idea della camera chiusa è molto affascinante, anche in questa storia c’e qualcosa, forse un enigma, che verrà svelato. E anche la metafora del palcoscenico mi sembra molto giusta. Ma poi, come sempre, sarà solo chi legge a decidere cosa trovare in quella stanza.

Staticità e movimento che rappresentano per Corrado?
Questa è una storia solo apparentemente statica. Si svolge quasi tutta in una stanza, ma si espande, si dilata imprevedibilmente seguendo i racconti e la memoria.

Roma, la stanza e le finestre e le strade sono personaggi?
Direi che Roma lo è senza dubbio. Con le sue strade, i suoni, le voci. Tutto il mondo arriva dentro quella stanza da una grande finestra. Tutto il mondo in quella stanza.

In questo romanzo non ci sono animali o meglio solo un piccolo cameo di un gabbiano…
Nei miei romanzi c’e sempre almeno un animale di passaggio. Questa volta sì, è un gabbiano di Roma.

Che rapporto ha Corrado con le donne?
Corrado è stato un uomo molto bello, molto desiderato, sempre al centro dell’attenzione. Ma forse è stato anche un uomo solo.

Amleto e Corrado sono simbolici?
Amleto lo è sicuramente. E il suo personaggio è in fondo la metafora della vita del grande attore.

Il romanzo è un omaggio al teatro e alle sue grandi opere.Com’è stata la tua esperienza in teatro e quanto di te attore c’è nel libro?
Questa storia non è la mia storia, ma questa storia parla di me”. Lo diceva Carver, e come è capitato già in passato, questa frase la faccio mia.

Corrado è ispirato a un attore del secolo scorso?
Qualcuno ha scritto che in questo personaggio si leggono i tratti di alcuni grandi attori del novecento, ma che alla fine il profilo di Corrado Lazzari non somiglia a nessuno di loro. Ecco, mi piace pensarla proprio cosi. Mi piace pensare che quella voce e quel volto non appartengano a nessun altro.

 

Cristina Marra

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