MilanoNera ha avuto il piacere di porre qualche domanda a Rosa Teruzzi attualmente in libreria con Non si uccide per amore.
Ciao Rosa, scusami se ti do del tu, ma attraverso i tuoi libri, mi sembra quasi di conoscerti. Partiamo dall’ultimo, che è appena uscito e soprattutto dal titolo “Non si uccide per amore”. Il titolo mi ha molto colpito, visto anche le cronache quotidiane, giornali e tv pubblicano continuamente notizie di femminicidi, o comunque parlano di reati nati nell’ambito familiare. “Non si uccide per amore” mi è sembrato quasi un appello, un grido, non ci può essere amore dietro un omicidio. Questo è anche il mio pensiero. Perché un titolo del genere, aldilà di quello che poi emerge nel libro?
Per il titolo non mi sono ispirata alla cronaca, non lo faccio mai. L’attualità la frequento solo per lavoro e cerco di non mischiare i due ambiti: mi sentirei molto a disagio nell’attribuire emozioni e parole di fantasia alle vittime o ai carnefici di storie vere. Ma è esperienza comune leggere frasi come “uccisa/ucciso per un amore malato” mentre l’amore e la violenza non sono nemmeno parenti. Penso che per un lettore appassionato (e a maggior ragione per uno scrittore) le parole siano importanti. Lo diceva anche il Piccolo Principe: “amare” e “voler bene” non hanno lo stesso significato. Secondo me, dovremmo essere più cauti nell’usare la parola “amore”.
E ora i tuoi personaggi. Prima quelli femminili. Hai creato tre donne, una nonna, una mamma e una figlia. Tre caratteri diversi, tre soggetti per certi versi opposti, ma comunque bellissimi. Esistono veramente queste donne? E quanto di te c’è in ognuna di loro?
Esistono, nel mondo dei personaggi letterari, ed esistono per me, perché spesso mi parlano e pretendono il loro spazio. A ognuna di loro ho prestato qualcosa di mio.
Libera, la fioraia-detective, è romantica e sognatrice come me, ma è sentimentalmente confusa, contesa da due uomini molto diversi, con la paura di perdere chi ama.
Sua figlia Vittoria, la poliziotta, mi somiglia nell’essere “quadrata” e ostinata, a volte poco fantasiosa, ma certo è più amara di me.
Confesso, però, che il mio personaggio preferito è la terza, Iole, la “nonna sprint”, una spregiudicata maestra di yoga quasi settantenne. A lei ho dato la leggerezza che sogno sia mia, la capacità di sorvolare le cose della vita senza superficialità, ma anche se fare drammi inutili. E forse, alla sua età, sarò io a somigliarle.
Ma non ci sono solo loro. Stai “crescendo” un’altra donna. Irene la Smilza o la Smortina, come la chiama il suo capo redattore. Silenziosa, nei romanzi precedenti era quasi una comparsa, rimaneva sullo sfondo della storia. Ma in “Non si uccide per amore” acquista una nuova dimensione, instaura un legame con Libera molto forte. Ho avuto l’impressione che Libera si senta più in sintonia con Irene, piuttosto che con Vittoria che è comunque sua figlia. E’ giusto aspettarsi un’evoluzione di questo nuovo binomio, appena nato?
Ti confesso che Irene non è mai stata una comparsa per me. E’ la protagonista della mia prima serie di romanzi e l’ho voluta anche qui, assieme al suo caporedattore Temperante Cagnaccio, al fianco di Libera, Vittoria e Iole.
Il silenzio di Irene nasconde un dono segreto che Libera non è ancora riuscita a penetrare, anche se questa ragazza misteriosa la inquieta e la affascina.
E sì, queste due donne continueranno ad incontrarsi.
I personaggi maschili. Esistono, ci sono, interagiscono con le protagoniste femminili, ma sono meno dettagliati, meno particolareggiati rispetto alle donne. E’ voluto? E’ un modo per far emergere maggiormente le donne? Sei una donna che scrive per altre donne?
E’ probabile che questo dipenda dal fatto che io sono donna, che ho due sorelle e molte amiche e che conosco meglio il cuore delle donne rispetto a quello dei maschi. Ma in realtà amo gli uomini delle mie storie, soprattutto Spartaco, il nonno così rimpianto da Libera, morto da anni ma sempre vivo nei suoi pensieri.
Spartaco, “capace di riparare indifferentemente un tostapane e un cuore infranto”, è il mio ideale maschile, un uomo concreto e solido, a suo modo poetico eppure molto lontano dai bei tenebrosi di certi romanzi per signorine. Non è un Principe Azzurro perché i Principi Azzurri non esistono e quando le donne smetteranno di sognarli, saranno di sicuro più felici.
Mentre leggevo il tuo libro, c’è stato un momento che ho pensato: è finita! Libera sta per chiudere un capitolo della sua vita e io ho pensato che si stesse chiudendo anche la trilogia. Invece hai orchestrato le cose in modo tale che sì, Libera chiude finalmente un capitolo della sua vita, ma se ne apre un altro. Non sono finite le avventure delle nostre amiche, vero? Hai già in mente cosa succederà dopo?
Nella mia borsa c’è un quadernetto rosso su cui scrivo pensieri e sensazioni e annoto nuove, possibili, avventure. Sono i miei personaggi a dettarmeli. E’ uno strano fenomeno che ho già sperimentato con Irene Milani e con Cagnaccio: a loro non piace essere messi da parte. Ti faccio un esempio: Achille Belardinelli, lo stravagante fidanzato di Vittoria, non ha nessuna intenzione di restare una comparsa. Anche lui, come tutti gli altri personaggi (come tutte le altre persone) ha una storia e vuole dire la sua. A me poi affascinano i segreti di famiglia: Libera non sa chi sia suo padre e la storia di sua nonna è un mistero. Perché non indagarla?
Come e dove scrive Rosa Teruzzi? In quale stanza, in quale momento della giornata?
Purtroppo, scrivo solo d’estate, quando il mio programma chiude i battenti e ho la libertà per creare. Siccome ho poco tempo, scrivo in modo compulsivo, praticamente da mattina a sera finché non crollo per la stanchezza, chiusa come un orso dentro il mio studio, al secondo piano del casello ferroviario (un casello ferroviario come quello di Libera!) che mio marito sta ristrutturando con amore da più di sette anni, a Colico, sul lago di Como. Scrivo in estate e poi riscrivo tutto l’anno fino al giorno dell’invio delle bozze, ma se potessi non smetterei mai di limare.
In molti sostengono, sia lettori che scrittori, che il genere giallo o noir piace molto perché ti porta a conoscere un aspetto della psicologia umana che normalmente non vediamo. Non siamo serial killer, non siamo assassini e nemmeno vittime, però queste cose ci piacciono. Perché, secondo te?
Secondo me, il giallo piace perché in questo momento è l’unico vero romanzo sociale che, al di là del meccanismo dell’inchiesta, racconta il nostro mondo e le nostre città e non solo nel loro lato nero.
Non credo si tratti di morbosità: molti dei gialli più amati dal pubblico non sono affatto sanguinari. Come lettrice, prima che come scrittrice, non mi interessa affatto il racconto del delitto in sé, come non mi interessa il racconto del sesso in sè: sono affascinata dalla psicologia dei protagonisti (se si tratta di un bel libro, sono per forza tridimensionali) e dall’atmosfera del luogo in cui si muovono.
I tuoi libri sono definiti gialli. C’è una vittima, c’è un’indagine, c’è un colpevole. Ma manca il macabro. Non ci non scene violente, inseguimenti e sangue che zampilla ad ogni pagina. Tu li hai definiti i libri coccola, come le pantofole che ti aspettano a fine giornata. Per me, è stato così davvero. Essere immersa nei fiori e nei libri di Libera, nei suoi problemi è stata una bella evasione. Era questo che cercavi di trasmettere? E quando ci regalerai la prossima evasione?
In effetti, io amo le commedie gialle e i romanzi seriali con protagoniste/protagonisti con cui mi sento in sintonia. Non mi piacciono i cattivi e i cinici, nella vita come nei romanzi. Quello che chiedo a un libro, come lettrice, è che mi regali qualche ora di felicità e io sono felice non solo quando vengo intrattenuta ma quando, tra le righe, un pensiero, una frase, un personaggio mi fanno riflettere. Come scrittrice, spero che i miei libri regalino ai miei lettori la stessa piccola gioia.
Quanto ai prossimi impegni, in questo momento mi sto godendo “Non si uccide per amore”, ma Libera, Vittoria e Iole sono impazienti di lanciarsi in nuove avventure.
MilanoNera ringrazia Rosa Teruzzi per la disponiblità
Qui la nostra recensione a Non si uccide per amore