Intervista a Simon Scarrow – Revolution Saga

Intervista a Simon Scarrow su la sua Tetralogia o Revolution Saga di Patrizia Debicke, con l’eccezionale supporto logistico di Cristina Aicardi

51fHieQvJ-L._AC_US218_La Revolution Saga o Revolution Series uscita in Inghilterra dieci anni fa che è stata finalmente pubblicata anche in Italia è straordinariamente interessante e ha coinvolto moltissimi lettori. Cosa ti ha spinto a raccontare i destini incrociati di Wellington e Napoleone?
In realtà tutto è partito dalla Rivoluzione francese che è stato sicuramente l’evento più significativo della storia europea degli ultimi mille anni. Mi sono chiesto quale fosse  il modo migliore per raccontarne la storia e l’ho fatto attraverso i destini incrociati delle due grandi figure leader dell’epoca.

Due vite parallele, due “isolani” entrambi di buona famiglia, ma non della grande nobiltà. E per Wellington la parte poco ambita di cadetto di una famiglia numerosa. Un’accurata ricostruzione del contesto storico e sociale alla loro nascita. Cosa farà la vera differenza tra i due?
Due vite parallele, certo. In realtà, i due sono stati come cavie da esperimento, porcellini d’India storici che vivevano in due contesti simili, ma la natura ne ha fatto due personalità completamente diverse. La differenza è stata la Rivoluzione che ha distrutto i confini e gli ostacoli. Vivendo in un contesto sociale che ti definisce e ti inquadra, Napoleone con la rivoluzione si è trovato la strada libera, spianata davanti a sé, mentre invece Wellington ha dovuto sottostare alle regole, inquadrato nei rigidi binari sociali e militari dell’Inghilterra di allora.

Una rivoluzione che finirà però per tornare alla monarchia e incoronare un imperatore. Cosa non funzionò nelle scelte politiche francesi?
In effetti è vero, però Napoleone non è riuscito, e forse non glielo avrebbero permesso, a modificare la storia e creare una sua dinastia. Quello che però la Rivoluzione francese è riuscita a fare, è stato cancellare il diritto divino della monarchia. E in seguito si è avuto un secolo di continue rivoluzioni che ha riforgiato l’Europa: un successo politico che ha portato alla moderna democrazia.

51bd38MLH1L._SY346_Un uomo solo al potere che non delegava, con praticamente in mano l’Europa di allora. Quanto l’irruenza e l’orgoglio di Bonaparte gli crearono problemi e rischiarono di compromettere il suo futuro? Fu questo a tuo vedere a distorcere il famoso intuito militare di Napoleone?
Domanda interessante. Napoleone era sempre riluttante a delegare. L’ironia della storia è che era un uomo estremamente capace, bravissimo in tutto (tra l’altro ha curato il rifacimento del codice civile francese, che per il 90% si deve a lui). Era un genio, ma un accentratore che non sapeva delegare e questa sicuramente si è rivelata una della ragioni della debolezza dell’impero. Nel 1812 in Russia doveva comandare l’armata e contemporaneamente affrontare i complotti a Parigi. La Francia di Napoleone fu indebolita  dal suo carattere. Voleva poter controllare tutto di persona, sempre. Ma una cosa è riuscire a reggere tutto da giovani, a quarant’anni diventa molto più difficile. A Waterloo era scarico, svuotato.

Cosa furono le donne per loro?
Anche questa è una domanda interessante. Per Napoleone le donne ebbero un ruolo molto ampio, particolare e la passione per Giuseppina esercitò su lui una grandissima influenza. Per esempio il giovane generale Bonaparte cessa di essere un idealista e diventa un dittatore in Egitto, quando scopre che la moglie gli è infedele. Da quel momento comincia a muoversi e agire a sangue freddo, con crudeltà, sterminando i prigionieri (quasi una vendetta per interposta persona?). Wellington invece non ha subito un’influenza femminile diretta. Ma sappiamo tutti, come sempre in politica, che nei secoli ci sono state e ci sono donne che manipolano e complottano nell’ombra. Per esempio, in Inghilterra durante la I Guerra Mondiale molte decisioni furono prese dalla moglie del Primo ministro. E tante importanti decisioni delle guerre napoleoniche sono state prese su interferenza di amanti reali, di cui si parla poco o nulla. La storia parla di uomini, ma bisogna dar conto anche delle donne e io spero con questi miei libri di aver fatto qualcosa.

51X4Uynqb0L._AC_US218_Due diverse mentalità. Sia Napoleone che Wellington furono incensati dagli uomini sotto il loro comando che erano pronti a dare la vita per loro. Però con due diversi modi di impostare le battaglie e di condurre gli eserciti. Secondo te, quale fu il quid che regalò prima il vantaggio a Wellington e poi la vittoria?
Innanzitutto va considerato che Wellington era solo un comandante militare pur cosciente dell’intricata situazione politica del suo paese (che si potrebbe paragonare a quella di oggi). Napoleone doveva gestire tutto la politica e l’assoluto comando delle armate, sempre sottoposto a una stressante pressione. Wellington era consapevole di avere a disposizione l’esercito inglese più grande mai esistito ma non poteva permettersi grandi perdite, altrimenti avrebbe potuto essere punito e rimosso dal suo compito. Napoleone invece non doveva rispondere a nessuno delle spaventose perdite subite (in Russia per esempio oltre mezzo milione fra soldati e ufficiali) e delle sue decisioni. E certe drammatiche decisioni hanno avuto molto peso.

Superba ricostruzione psicologica dei personaggi. Quali furono le principali differenze tra loro? Napoleone ha sottovalutato Wellington?
Sì, in realtà Napoleone ha sottovalutato Wellington liquidandolo come il generale che sapeva battere solo gli indiani, ignorando volutamente che Wellington era stato un comandante straordinario e la conquista dell’India un’impresa memorabile. Napoleone guardava il rivale dall’alto in basso ma alla fine, a Sant’Elena, ne era ossessionato e, convinto della propria incapacità di commettere errori, ne parlava male attribuendo ad altri la colpa della sconfitta. Il che mi ricorda  qualcuno, ora alla Casa Bianca, ma non ricordo il nome… Tuttavia, neppure Wellington fu esente da pecche. Per esempio, a Waterloo aveva sbagliato le previsioni sulle posizioni dell’esercito francese, anche se poi rimediò e riuscì a tamponare, ma se von Blucher non fosse arrivato al momento giusto… Però nel suo rapporto  Wellington si assunse tutto il merito della vittoria. Certo in quel momento la sua stella era in grande ascesa e lui doveva reggere la posizione e curare la sua immagine, per cui fu costretto a rinunciare a parte dell’immacolata integrità morale che l’aveva sempre contraddistinto e a diventare un animale politico.

51sDb0GXROL._SY346_Il lavoro di documentazione è enorme. Come si fa a calarsi nello spirito del tempo, soprattutto il linguaggio? Hai mai commesso un errore, una svista di cui ti sei accorto dopo? Per esempio l’orologio al braccio del gladiatore in un film?
Lavoro enorme e difficile, anche e soprattutto perché bisogna pensare che ogni scritto o interpretazione della storia è soggettiva, legata alla mente dei diversi testimoni che l’hanno narrata e ciascuno vede la storia a modo suo. E l’interpretazione dei tempi cambia secondo la mentalità della gente, talvolta bastano due generazioni, o magari una. Le idee di mio nonno e di mia madre a proposito di fatti e persone della vita sono diverse dalla mie. Per poter scrivere una fiction storica bisogna invece prendere i fatti documentati, metterli in un frullatore e agitare. Dopo, comunque si valuti la cosa, il risultato è sempre una nostra ricostruzione dei fatti dal nostro punto di vista, un compromesso, filtrato attraverso la nostra realtà. Con i primi volumi della Saga mi sono trovato a dover affrontare un coro di critiche di lettori che mi accusavano di aver sbagliato il nome di Wellington. Ma se anche su Wikipedia sta scritto che ha cambiato nome ben tre volte: prima Arthur Wesley, poi Arthur Wellesley poi Arthur Wellesley duca di Wellington… Vediamo: mia svista o errore storico? Che io ricordi solo nell’assedio di Malta quando una sera, per colpa della stanchezza, scrissi il nome del figlio invece che quello del padre.

Ultima piccola domanda. Se tu avesse la possibilità di viaggiare nel tempo ed essere testimone di un unico evento storico, quale sceglieresti.
Vorrei essere stato presente nella Casa Bianca con Lincoln circondato dai suoi consiglieri e generali che si rende conto di cosa deve fare. Lincoln è il mio eroe e lui in quel momento fu costretto a  decidere di dichiarare guerra per salvare il futuro dell’America. Un momento storico che, come la Rivoluzione francese, ha cambiato il mondo.

Grazie a Simon Scarrow  per la disponibilità, a presto  e tanti auguri per i tuoi prossimi libri.

Patrizia Debicke

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