Jerònimo Tristante

Intervista con l’autore de Il mistero di casa Aranda

Parliamo del nuovo giallo, perché la scelta del periodo storico dell’XIX secolo e perché Madrid( a Madrid nel 1877)?
Quel periodo storico mi è sempre interessato molto la cui vita politica è adeguata per ambientare una novella di mistero. Si avverte il passaggio da una società agricola ad una capitale moderna. Un’effervescenza politica e culturale in cui gli amici erano solito riunirsi nei caffè per parlare,conversare. La casa Aranda è la casa ottocentesca, stregata;Victor è un super poliziotto fuori dal comune, la sua vicenda doveva perciò essere ambienta a Madrid.

L’atmosfera pessimista è improntata al colonialismo che declina, ma si respira anche ottimismo, speranza per il XX° secolo, socialismo, progresso per le tecniche, questo dualismo di percezione è un altro ingrediente per la storia narrata.

Come è nata l’idea di questo romanzo e come ci ha lavorato, si è documentato, crede che si debba scrivere solo di ciò che si conosce?

Quando si scrive una novella storica ben definita ci sono due estremi da evitare, l’essere troppo poco di spessore storico e l’essere esagerato con una documentazione storica.

Occorre perciò dare il giusto punto di realismo al romanzo, il giusto spazio all’immaginazione, saper mescolare i fatti storici con i fatti fittizi dell’affabulamento, nella giusta misura.

Il libro è un romanzo noir, il crimine e la descrizione dell’indagine mostrano al pubblico una società che riesce ad essere credibile. Casa Aranda è la casa di un indiano, di uno spagnolo andato in America a fare fortuna ed una volta raggiunta ritornato in Spagna.

Perché la scelta di due storie parallele?e perché la scelta del romanzo giallo?

Il Noir ha seguito una sorta di cliscè, da quando lo hanno abbandonato ha avuto un buon successo.Ho scelto di narrare una storia alla volta, parallelamente perché un caso solo forse sarebbe statico, mentre con un altro si riesce a ridestare l’attenzione del lettore. Nella realtà invece la polizia deve seguire più casi contemporaneamente.

Cosa l’ ha portata a decidere di scrivere, lei è laureato in biologia, una formazione scientifica quindi, cosa cambierebbe nella sua vita di scrittrice e cosa vorrebbe che accadesse?

La situazione in Spagna è diversa rispetto a quella italiana, una formazione scientifica riconduce anche che la sintassi sia una forma di matematica. La scrittura è un’esperienza rilassante, di ricerca. Scriviamo un libro, lo diamo da leggere a un amico, che ci dice che è bellissimo, lo diamo ad uno dei migliori editori che non lo rifiuta apertamente, ma quello è il senso, eppure l’averlo scritto ci induce a una via senza ritorno.

Il rapporto tra Victor e il Aldanza Alberto, può spiegarcelo in sintesi?E può essere una metafora per descrivere il rapporto atemporale tra il Bene e il Male?

Si e No. Quando ho iniziato a comporre il personaggio di Victor volevo rifarmi al genere del Feuilleton dell’800, al genere bianco, poca violenza, visione manichea della vita, visione ingenua. Victor è un personaggio positivo, è figlio di un mostro, l’eredità culturale sarà una zavorra, un peso per lui, insegnamento che paga, tutto ha un prezzo nella vita, avere successo, avere un buon lavoro, conseguire una laurea.

Le donne nel romanzo cosa simboleggiano e che ruolo hanno?

Le donne hanno tanti ruoli quanti ne ha la vita, il loro ruolo è attivo al fine della trama, sebbene in quell’epoca fosse passivo e quindi non ho potuto dargli l’importanza che volevo perché non sarebbe stato credibile, ma nel futuro lo farò.

Quanto di lei si ritrova nei suoi personaggi e qual è il personaggio di questo romanzo che le assomiglia maggiormente?

Mi riconosco in ogni mio personaggio, anche nel più cattivo.E’ una catarsi, ecco perché è così divertente scrivere.

Perché ha scelto un libro come la Divina Commedia?

Perché è un’opera criptica, con mille interpretazioni che possono portare il lettore alla scoperta.

Il personaggio di Don Armando è molto importante per Victor, è il suo mentore, la sua salvezza, ci può spiegare in sintesi il suo ruolo e perché ha deciso di farlo morire?

Don Armando è importante per l’attenzione narrativa,volevo che Victor ripartisse da zero. Il lettore ha un maggior punto di contatto con il protagonista che soffre, poiché nella sofferenza vi è la crescita, anche se può sembrare un po’ masochistico.

Qual è il suo lettore ideale?

Quando scrivo non penso a un potenziale lettore ideale, penso a me stesso come lettore, a ciò che vorrei leggere. Mi gratifica se un lettore che non legge affatto mi dice che si è divertito nella lettura delle mie opere.

Sembra che ogni “azione” abbia una spiegazione, anche e soprattutto nelle menti malate, è questo il suo approccio nei confronti della vita, oppure è una tecnica narrativa?

Sono una persona di scienza, con una formazione scientifica che cerca una spiegazione logica per ogni cosa, se non capisco mi innervosisco.E’ una mia tecnica ma anche un mio atteggiamento nei confronti della vita.

Si è ispirato a qualche scrittore, se sì posso sapere a chi?

Mi sono ispirato ad autori dell’800, tipo Dickinson, Stevenson, al romanzo a fascicoli in particolare per un paese analfabeta. Io voglio raccontare una storia come se la raccontassi a un amico, ho optato per una letteratura di comunicazione, che segua la via della comunicazione.

Le chiedo di dirmi in breve qualche cosa che racchiuda il suo modo di essere.

Sono testardo, molto immaginativo e lavoro molto con le parole.

Si può vivere di sola scrittura oggi?

E’ molto difficile, soprattutto in Spagna, dove si legge molto poco. Io mi reputo fortunato perché trascorro metà giornata ad insegnare e metà a scrivere e questo mi da equilibrio.Scrivo per i giovani affinché si divertano leggendo e concepiscano la letteratura come una forma di intrattenimento piacevole.

Progetti per il futuro?

Il Prosieguo della serie, il secondo romanzo è già uscito pochi giorni fa’, mentre la terza parte uscirà tra circa un anno. Inoltre verrà pubblicata con un altro editore una novella medioevale.

claudia caramaschi

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