Lady Oscar ha vinto sul lungo. Lo dico con compiaciuta soddisfazione. A trionfare alla kermesse cinematografica per antonomasia è stata una donna. Per la prima volta dalla nascita del premio.
La golden Lady, al secolo imperatrice del Cameron’s Kindom, ha battuto l’ex marito a colpi di statuette. La gara era tutta da scrivere visto che le pellicole dei belligeranti coniugi Roses erano le stesse.
Nove, come il gatto dei giochi erotici, ma se la Bigelow ha fatto miagolare il suo felino sei volte, l’oversize Cameron si è fermato a tre. Il resto è mancia. Le poche statuette mancanti all’appello sono state distribuite tra cartoni e saghe stellari. Non senza un però.
“Penso che quest’ultimo sia il mio capolavoro”
Queste le parole di Tarantino al debutto sul red carpet di Cannes con Bastardi senza gloria. Ma allora come mai il maledetto di Pulp fiction è stato scornato da puffi blu e guerre in Iraq portandosi a casa solo un riconoscimento che suona come un misero “ritenta, avrai più fortuna” dei cioccolatini?
Non è una novità che i concorsi siano truccati e che le logiche di mercato percorrano binari paralleli a quelli dell’arte. Eppure qualcosa non torna. Partiamo dalla trama.
Tarantino, con il suo linguaggio visionario e la scansione a capitoli, ha rivoluzionato la semantica della comunicazione via pellicola.
Peccato che l’innovativa verve linguistica di Pulp Fiction, abusata nei suoi volumi di Kill Bill, oggi abbia ormai un che di obsoleto.
Certo, il tratto identificativo, se vincente come hanno dimostrato le reazioni al botteghino, non si cambia. Però attribuire a questa cifra il peso di una bilancia a favore del portatore di katana non è altrettanto verosimile.
A passare sotto il torchio della trama la seconda guerra mondiale. I nazisti, capitanati da un furher isterico e zeppo di tic, si trovano a dovere combattere un gruppo di americani separatisti che autonomamente si fanno giustizia a colpi di scalpo.
Soprannominati “i bastardi” (e qui sta la vera genialità delle due ore e mezza che seguiranno), i buoni yankee impazzano tra la foresta nera e Berlino. Loro obbiettivo far fuori il maggior numero di gerarchi riunito per la proiezione di un film di propaganda in un cinema di un’ebrea a cui avevano sterminato la famiglia (scena iniziale).
“C’era una volta nella Francia occupata dai Nazisti“, è il prologo della trama serrata, tesa come la corda di un violino che si snoda attraverso vicende storiche, reinterpretate nel frullato pulp come da tradizione.
A far da contraltare al sorprendente Christoph Waltz, premiato a Cannes come migliore attore per il suo perverso colonnello Hans Landa, Brad Pitt talmente macchiettistico da lasciare di stucco. A riempire le scene una rinata Diane Kruger e la diafana Mélanie Laurent, assetata di vendetta come la vecchia “Sposa di Bill”.
Riempie il silenzio dei dialoghi la riuscitissima colonna sonora che spazia dagli spaghetti western di Ennio Morricone a Ray Charles, confermando un capacità innata di fondere armoniosamente immagini a musiche lontane anni luce tra loro.
Da vero Bastardo, quale lui è. E che Dio l’abbia in gloria!