Suona sempre inusuale la definizione di “miglior detective del mondo”, legata al detective Elvis Cole.
E questo perché, questa amabile autostima appare allontanarlo dai cliché del detective riflessivo con un tè delle cinque davanti al naso, mente si affastellano ipotesi e supposizioni, fino ad una epifania chiarificatrice finale.
Dopotutto quanto di più lontano dalla misurata classe inglese di un personaggio dal nome Elvis?
Ma Robert Crais, al netto di una classica composizione del plot narrativo, ha la indubbia abilità di donare al lettore dialoghi freschi e verosimilmente credibili, merito di quella macchina da scrivere, che negli anni ha lavorato cesellando dialoghi e sceneggiature di serie tv Oltreoceano (dice nulla “Miami Vice”?).
Sparizioni, persone e personaggi, pelosi quattro zampe dall’intuito acuminato come e più del detective protagonista: un caleidoscopio di personaggi rotondi nella loro chiarezza descrittiva e nella loro rappresentazione tridimensionale, che vagano da una pagina all’altra alla ricerca di una soluzione, restando al fianco del lettore, che non resta mai un passo indietro rispetto alle indagini che si dipanano pagina dopo pagina.
Anche il character di Elvis Cole appare chiaro per il lettore neofita, che non si trova in quella fastidiosa sensazione di “film già iniziato”, che talvolta caratterizza la narrazione seriale.
L’operazione di Mondadori è interessante, nella costante proposizione di un Autore che all’estero miete successi in fasce trasversali di pubblico e che in Italia inizia ad avere un sempre maggiore apprezzamento, merito anche del lavoro svolto dalla Casa Editrice che per prima ha reso “giallo” il thriller su carta.
