La sentenza è morte – Anthony Horowitz



Anthony Horowitz
La sentenza è morte
Rizzoli
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Anthony Horowitz è riuscito a creare una meravigliosa illusione. In “La sentenza è morte” (Rizzoli Libri) lo scrittore inglese riesce a illudere il lettore di ritrovarsi al cospetto di Sherlock Homes e John Watson catapultati direttamente nel terzo millennio dalle pagine di Conan Doyle.Invece Daniel Hawthorne è un ex poliziotto che è diventato consulente della Polizia londinese ed Anthony Horowitz è quello che lo affianca rubando tempo al suo vero lavoro (sceneggiatore di serie tv) per poterne raccontare le gesta in un romanzo da scrivere post indagine. Un biografo sul campo, destinato ad essere un po’ consulente, un po’ bersaglio di fredda ironia british, molto spesso strumento inconsapevole per poter chiudere l’indagine. Un rapporto del tutto simile a quello che ha caratterizzato Holmes-Watson e che rappresenta solo uno dei tanti punti di contatto con la leggendaria saga di Conan Doyle.In “La sentenza è morte” la vittima è Richard Pryce, un avvocato divorzista di successo: ucciso nella propria abitazione con un enigmatico messaggio dipinto sul muro (non ricorda per caso la scritta “rache” di “Uno studio in rosso”?), si ritrova ad essere il punto di partenza di un’indagine dove la deduzione prende il posto dell’azione e dove Hawthorne passo dopo passo dipana la matassa non senza essersi scontrato con il marito della vittima (una leggera omofobia che ricorda la scarsa empatia di Holmes nei confronti dei mormoni) e con la polizia vera e propria (ricordate il Lestrade di Conan Doyle?).Dopo aver battuto Londra palmo a palmo, dopo aver visitato lo Yorkshire e dopo aver scoperto le carte di tutti i sospettati smascherandone debolezze e malefatte, la strana coppia creata da Horowitz riuscirà a trovare il colpevole riuscendo a risolvere non solo il caso sulla morte dell’avvocato Pryce ma anche a ricostruire quanto accaduto in una grotta tanti anni prima con una morte alla fine causa scatenante della vendetta assassina con cui si apre il romanzo.Una lettura decisamente godibile, una forma di scrittura che sembra immergere il lettore dentro una serie televisiva perchè i personaggi che la caratterizzano sembrano assumere sembianze tridimensionali: non bastasse, la straordinaria capacità deduttiva di Hawthorne riesce e gettare un velo di mistero sulla sua figura, sul suo passato, su tutto quanto concerne la sua vita che non sia prettamente funzionale all’indagine. Proprio come Sherlock Holmes, di cui Horowitz, con “La casa della seta” e “Moriarty” ha ulteriormente arricchito l’album delle imprese arrivando, con Hawthorne, a designarne forse l’erede contemporaneo.

Daniele Bonetti

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