L’aria che tira: Il caffè di Sindona

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Il caffè di Sindona
Garzanti
Questo libro non è un romanzo, anche se è avvincente come se lo fosse. Non è un saggio, scritto per riportare alla luce e approfondire un argomento che appare lontano. È una memoria civile fondata su atti giudiziari, che si propone, oggi, a bocce ferme, di ricostruire quello che accadde fra gli anni ‘70 e ’80 del secolo scorso: una sporca vicenda che ha contribuito molto attivamente a costruire il disastro economico in cui si dibatte ancora oggi il nostro paese. Non solo, ma che ha aperto la strada al malaffare finanziario, così radicato nel nostro immaginario da dare la sensazione che con i soldi degli altri (quelli dei risparmiatori e dei contribuenti) si possa giocare all’infinito creando voragini nell’economia italiana e mostruosi arricchimenti illeciti per i malandrini.
Oggi pochi ricordano il crac del Banco Ambrosiano e delle banche del gruppo di Michele Sindona: Banca Unione, Banca Privata e Banca Privata Italiana, più alcuni istituti satelliti sparsi in giro per il mondo. Sindona è stato lo spericolato finanziere siciliano legato alla politica meno limpida, quella di Giulio Andreotti; cucito a filo doppio alla mafia dei grandi padrini; amico e sodale di Paul Marcinkus, il prelato responsabile in larga misura dello scandalo che rischio’ di travolgente lo IOR e l’intera finanza vaticana. Nella sua rete rimasero impigliati personaggi di spicco della finanza internazionale, mentre diverse persone persero la vita, a cominciare dal banchiere Roberto Calvi, “suicidato” per ordine dei padrini di Cosa nostra a Londra, la segretaria di lui, Graziella Corrocher (altro strano suicidio), il commissario liquidatore del Banco Ambrosiano, Giorgio Ambrosoli, un vero martire del lavoro, ammazzato da un sicario della mafia per ordine dello stesso Sindona.
Una brutta storia italiana quella che ebbe per protagonista l’avventuriero della finanza Siciliano che, finalmente dipanata, si è conclusa con un ancor più brutto epilogo: la morte dietro le sbarre del finanziere, avvelenato da un caffè al cianuro due giorni dopo la conclusione del processo e la sua condanna all’ergastolo. Forse uno dei tanti omicidi mascherati, studiati cioè per sembrare suicidi o, più probabilmente, un suicidio vero, teatrale, perfettamente in linea con il carattere istrionico e menzognero dell’uomo.
Michele Sindona si accascio’ dietro le sbarre della sua cella supersorvegliata nel carcere di Voghera il 22 marzo 1986, subito dopo aver bevuto il primo caffè della giornata. Forte odore di mandorle amare, impossibile da ignorare. Eppure quel caffè fu bevuto. Chi lo mise nella tazzina? Per ordine di chi? Un mistero destinato a rimanere tale, ma forse non così importante come la tela di ragno della sua finanza malandrina nella quale si intrecciano interessi massonici, malapolitica, tentativi di golpe, P2 e misteriosi decessi. Un groviglio ripugnante, dipanato dal lavoro certosino di un vero eroe civile, l’avvocato Ambrosoli, che pagò con la vita il proprio coraggio e da due magistrati: gli autori di questo libro.
Gianni Simoni, scrittore e magistrato, è l’uomo che ha indagato su quella morte in cella, mentre Giuliano Turone, giudice istruttore presso il tribunale di Milano, è il magistrato che ha rinviato a giudizio Michele Sindona portandolo a processo e ottenendone la condanna all’ergastolo. Questo libro è la minuziosa ricostruzione dell’intera vicenda che non deve essere dimenticata.

Adele Marini

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