Ci sono romanzi che abbracciano il paesaggio e lo rendono protagonista, alla stessa stregua degli uomini che si alternano sulla scena. Un “valore aggiunto” difficile da rendere, che si presta maggiormente dove l’ambientazione ripercorre terre aspre e selvagge, con mille contraddizioni al suo interno. Tanto più che il miracolo avviene quando i protagonisti non sono degli eroi, bensì persone normalissime, con impegni pressanti e fragilità. Comuni mortali con cui identificarsi.
È quanto avviene ne Le spine del ficodindia di Gaspare Grammatico (Mondadori, giugno 2024), un’indagine del commissario Nenè Indelicato operativo a Trapani.
Prima d’ogni altra cosa, la Sicilia riempie le pagine di bellezza, coi suoi odori e sapori. Con la sua gente di sicuro cordiale, che però sembra avere perduto da tempo la “metà buona”.
Fondamentale è il passaggio: “Questa città, la Sicilia… e mettiamoci pure tutto il mondo… sono sempre stati come un ficodindia. Il ficodindia, di spine, ne ha due tipi. Quelle grosse, bene in vista che sono un po’ come i malacarne della società. Quelle subito le vedi e poi… ci sono quelle piccole piccole, scure, che manco si vedono. Sono come una specie di peluria e sono quelle che ti entrano sotto pelle a tradimento e ti fottono.”
Indelicato si trova alle prese con la figlia Sara, che sta attraversando i problemi tipici dell’adolescenza. È afflitto da un perenne senso di colpa, per il fatto di non riuscire a essere presente come vorrebbe nella sua vita.
Oltre al piano familiare, quindi, dove il lettore si può facilmente identificare, il commissario e la sua squadra sono coinvolti in un’indagine complessa. Qualcuno fa recapitare nella redazione di emittenti radio o televisive dei pacchetti contenenti macabri reperti, che sicuramente sono appartenuti a giovani ragazze scomparse.
Che a Trapani ci sia un serial killer? Non bastava quindi la malavita organizzata e gli episodi di violenza, non ultimo il pestaggio di una professoressa a opera di ignoti, avvenuto proprio davanti al liceo di Sara? Perché per quanto velata e in secondo piano, un’indagine secondaria contribuisce ad aumentare la suspense, permettendo che tutti i tasselli vadano a posto.
Inizia una caccia al colpevole, con stretto giro di interrogatori a quanti “bazzicano” la vicenda. Indelicato non è solo, ma si avvale di un valido staff. Eppure gli sembra di procedere alla cieca, senza riuscire a focalizzare alcunché e fare progressi. Ma mentre si destreggia tra il sangue del suo sangue, una Sara sempre più scontrosa e indisponente, ecco che arriva l’intuizione.
Una seconda parte molto movimentata, anche dal punto di vista dell’azione, che subisce un’impennata e coinvolge totalmente il lettore, sino al rocambolesco finale.
Punti di forza di questo romanzo sono l’ironia disseminata tra le righe, che non fa mai male, e la completa assenza di qualità rilevanti nel suo protagonista. Un uomo ordinario, capace come tutti di realizzare dei prodigi, quando occorre dare il meglio di sé.
Consigliato a chi ama il giallo intriso di problematiche di vita quotidiana, senza mai dimenticare quel senso di pietà verso il prossimo, fortunatamente sempre tipico dell’essere umano.