L’enigma delle tre pergamene – Matteo Di Giulio



Matteo Di Giulio
L’enigma delle tre pergamene
Newton Compton
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Il giallo storico. Negli ultimi tempo il genere sempre andare molto di moda, ma io l’ho sempre detto e lo ripeto: si fa presto a dire giallo storico, poi però bisogna saperlo scrivere e renderlo credibile, e allora diventa tutto un altro paio di maniche.
Matteo Di Giulio ci prova e nonostante una sfilza di errori tecnici, compositivi, intuitivi che farebbero rigirare Aristotele nella tomba per l’assoluta mancanza del rispetto delle sue Unità e insieme a lui, sempre nella tomba, anche uno come Walter Scott che dello stesso rispetto ne ha fatto la fortuna dei suoi romanzi storici, L’enigma delle tre pergamene alla fine funziona.
Nel senso che il lettore non si annoia e anche se in alcuni passaggi quello che sta scorrendo sotto i suoi occhi appare del tutto inverosimile, tipo che per tutta la narrazione non ci sono affatto tre pergamene e volendo essere precisi non ce ne è neppure una, la storia appassiona. Sia per l’azione che dà al libro un ritmo serrato e coinvolgente, sia perché l’eroe del romanzo piace. Eroe egli stesso inverosimile quanto tutta la narrazione. Un uomo dedito agli studi che svolge un lavoro da scrivania e da rappresentanza che a un certo punto della sua vita si trasforma in Dartagnan e sgomina i propri nemici con uno spadino che sembra fatato quanto Excalibur di re Artù.
E però proprio per questo piace. E anche se ci si interroga su come ha fatto a trasformarsi in un abile combattente da un momento all’altro, poi si prosegue con la lettura e ci si dà pace.
Sarà perché l’autore almeno sulla trama non ha lesinato con la fantasia e ha inserito tutti quegli elementi tipici che deve avere un romanzo storico. Tutto ha inizio con il ritorno di Martino a Firenze. Lui, erede della ricca famiglia dei Durante, era in viaggio d’affari per conto del suo amico banchiere Dante Strozzi. Ma in città lo attende la più terribile delle sorprese: sua moglie Aurora e il figlio di due anni, Zaccaria, sono stati rapiti da una banda sanguinaria come testimoniano i pochi sopravvissuti all’assalto nella tenuta. Ricevuta la richiesta di riscatto, Martino si mette in marcia verso Milano, e lungo l’itinerario però subisce un feroce agguato. Conciato non molto bene viene accolto nell’abbazia di Viboldone dove padre Ludovico, vicario della confraternita degli Umiliati, lo aiuta a ristabilirsi, ma prima di ripartire gli consegna anche un misterioso testo antico che dovrà recapitare a un frate a Milano. Il testo è davvero particolare e misterioso. Si tratta, infatti, del Codice Voynich, un manoscritto risalente al Quattrocento, tra i più misteriosi al mondo e che rimane incomprensibile anche per i moderni. Un libro che contiene illustrazioni botaniche che non rappresentano alcun vegetale noto e il testo è scritto in una lingua sconosciuta, che non coincide né si rifà esplicitamente ad alcun alfabeto o idioma conosciuto.
Questo codice porterà il protagonista a essere attaccato ripetutamente da sgherri ingaggiati da potenti e misteriosi nemici e a fare sì che nonostante lo scopo del suo viaggio sia ritrovare sua moglie e suo figlio e pagare per loro un riscatto, dovrà comunque improvvisarsi anche spadaccino e finire per essere eroe suo malgrado.
La lettura, come ho detto prima, rimane piacevole nonostante gli errori da non romanzo storico. E pertanto mi meraviglia molto che uno davvero bravo e attento come Matteo Strukul non ne faccia menzione quando consiglia il libro, come mi meraviglia altresì che Il sole 24 ore definisca Matteo Di Giulio tra gli eredi di Scerbanenco. Quello che posso dire io è che l’ultima parola va sempre ai lettori che giudicheranno da sé se questa alla fin fine sia una lettura che merita.

Antonia del Sambro

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