L’ira funesta – Paolo Roversi



Paolo Roversi
L’ira funesta
SEM
Compralo su Compralo su Amazon

L’ira funesta protagonista del godibilissimo libro di Roversi non è quella del Pelide Achille contro gli Achei, bensì quella del giovane Gaggina contro il farmacista Donelli, reo di aver tenuto chiuse le serrande della farmacia per correre al capezzale della moglie partoriente. Non siamo a Troia, bensì in un vivace paese della Bassa, noto con l’epiteto di Piccola Russia, e le vicende si svolgono ai giorni nostri. Il Gaggina, l’Achille moderno, deve contenere il suo furore con le medicine che acquista dal farmacista, ma l’imprevisto del parto lo porterà a perdere il lume della ragione e ad asserragliarsi in casa con due ostaggi e l’intrepida nonna, la vecchia Blucher, come in paese è stata soprannominata. Fin qui la faccenda potrebbe interessare i servizi d’igiene mentale, ma c’è di mezzo un omicidio e l’irato Gaggina sembra essere non solo un folle ma anche un assassino. Parte così un’odissea (per rimanere in tema) che vede il novello Achille solo contro i carabinieri, i giornalisti, accorsi in massa per documentare l’evento, i paesani, scettici sulla colpevolezza del reo e addirittura le teste di cuoio, mentre il taciturno ed enigmatico maresciallo Valdès svolge una sua personale indagine tra una capatina e l’altra alla golena del Fiord, a pescare di frodo. 

L’ira funesta, oltre che un intrigante giallo, è un vero e proprio poema eroicomico, nella migliore tradizione letteraria, non per niente La secchia rapita e il Tassoni non sono molto lontani dal Piccola Russia. Il lettore non si lasci ingannare dalla levità e dall’ironia della narrazione, dietro alle vicende del Gaggina e dei bizzarri personaggi della Poli, la Polisportiva cuore pulsante del paese dove tutti confluiscono come gli affluenti nel Po, c’è una mirabile parodia del poema omerico: al pari della commedia classica, Roversi castigat ridendo mores, col sorriso denuncia la decadenza di un mondo che non è quello del Piccola Russia, ma di una società che ha perso, oltre alle ideologie, gli originali valori di fratellanza e il sol dell’avvenire, ben evidenziati dalla vicenda umana del maresciallo Valdès. In ogni pagina troviamo richiami all’attualità, delineati con l’originalissima ironia dell’autore, che vede nella parabola della Polisportiva, nata dalla solidarietà e dal comune sentire degli abitanti e in seguito trasformatasi in centro ricreativo, la parabola di un’ideologia, la lenta eclissi di un mondo contadino che ha smarrito le coordinate e fatica a ritrovarsi in una società vorticosamente veloce. Ma trovano spazio anche altre riflessioni, sull’inquinamento, sull’immigrazione e sull’omologazione degli individui, di fronte alla quale il Gaggina si erge, eroe epico, a difendere il suo diritto alla follia che, direbbe l’Ariosto (un altro di quelle parti), è patrimonio comune di tutti noi.  L’investigatore, il maresciallo Valdès, moderno capitano Achab che anziché la balena Moby Dick insegue il pesce siluro del Po, è un personaggio che non si scorda facilmente, anche in lui vi sono i tratti dell’eroe epico, di un disincantato Aiace che ha dato tutto se stesso per il bene della comunità e ne viene ripagato con l’emarginazione. Accanto a lui, come nel coro della tragedia classica, ruotano tutti i personaggi della Poli, che sottolineano e commentano le gesta dei protagonisti.

Il mondo piccolo che Roversi narra e l’ambientazione sul grande fiume richiamano certamente l’opera di Guareschi, ma l’autore supera la dimensione provinciale, inserendo il microcosmo del Piccola Russia nel ben più ampio macrocosmo della contemporaneità.

Quello che stupisce, in questo romanzo, è l’alchimia con cui si unisce l’alto letterario alla piacevolezza della narrazione, divertendo ed emozionando il lettore: rimane indimenticabile la descrizione del Gaggina che solleva come fuscelli i suoi ostaggi, novello Polifemo. Così come non si possono dimenticare i personaggi che popolano il mondo del Piccola Russia, dal giovanissimo Skègia alla nonna Blucher, a Nestore, al Nena, al carabiniere Puglisi che descrive con linguaggio da intellettuale le vicende di tutti gli abitanti del paese; figure che diventano di pagina in pagina sempre più familiari, ognuna delle quali ha una sua storia personale, raccontata con bonaria ironia e autentica partecipazione da quel grande affabulatore cantastorie che è Roversi. Allo stesso modo facevano gli aedi nell’antica Grecia, i quali cantavano nelle corti dei sovrani e nelle piazze dei villaggi quelle vicende che, grazie al leggendario Omero, sono diventate patrimonio dell’umanità.

Donatella Brusati

Potrebbero interessarti anche...