La lettera di Roberto Saviano composta dopo la strage di CastelVolturno si apre con un elenco: gli assassini.
Prima gli assassini, poi le vittime.
Saviano sa che per piangere i morti ci sarà tempo, troveranno spazio anche loro, puntigliosamente elencati con un breve accenno alle loro colpe presunte che ne hanno segnato il destino.
L’ incipit della sua straordinaria Orazione civile è però tutto dedicato ai nomi e cognomi di coloro “che stanno portando avanti una strategia militare violentissima”.
I principi dell’orazione antica sono tutti perfettamente onorati in questa lettera accorata.
Inventio: ovvero il reperimento capillare di informazioni precise, date, nomi, modalità di esecuzione, questa la triste sequenza che si succede in un ritmo drammatico e intenso. Una trama degna del miglior romanzo nero, ma che è realtà e vita vissuta di impiegati che vanno al lavoro, madri al parco, semplici frequentatori di un bar, eliminati per essersi trovati nel posto sbagliato in un tempo infausto.
Dispositio:l’arte di trovare il modo più congeniale per esporre gli argomenti, una rasoiata, un atto d’accusa al malcostume dell’isolamento civile.
Quel chiudersi nel proprio spazio privato, alienandosi sempre di più dal “crimine connaturato al territorio”, e invece rifondarlo col proprio silenzio tutti i giorni.
Sembra ci sia un peccato originale che affonda le sue radici molto lontano ma in realtà è solo una delle mille evoluzioni della colpa malefica di qualcuno e della cecità e la debolezza dei più.
Elocutio: persuadere il pubblico. Saviano elabora con lucidità il fatto che la tranquillità di chi non vuole vedere è solo una tragedia rimandata, la paura va a braccetto con l’isolamento.
La solitudine sarà una costante per ciascuno di noi, costretti a vivere tutti sotto scorta come lui, non perché si abbia denunciato con forza ma invece per aver taciuto “Schiacciati tra l’arroganza dei forti e la codardia dei deboli.”
Docere, e flectere, insegnare, e persuadere, questo facevano gli antichi, e la stessa potenza, lo stesso destino dei documenti che restano nel tempo mi pare abbia questa splendida lettera di Saviano.
Mi sono chiesta se mille complimenti pubblici e cappelli che si alzano in segno di rispetto, valgano un quarto di una voce che si alzi con coraggio da quella terra per denunciare.
Probabilmente ci piace l’idea che ci sia qualcuno a ragionare e indignarsi per noi, un oratore appunto, che lo si possa ricordare, esaltare e poi dimenticare, mentre svolgiamo le nostre piccole vite ordinate, perfettamente congeniali allo stato di terrore che la camorra sta diffondendo come un virus in tutto il Paese, senza esclusioni geografiche o paradisi incontaminati.
L’orazione di Saviano
alessandra anzivino