L’uranio di Mussolini – Intervista a Franco Forte e Vincenzo Vizzini


Un godibilissimo giallo storico, edito da Mondadori, ambientato nella Sicilia degli anni Trenta. 
Ispirandosi a fatti realmente accaduti, ma poco noti, Franco Forte e Vincenzo Vizzini tessono un thriller arguto e ben documentato che ci porta nell’Italia del Ventennio. Sullo sfondo il regime fascista, le più grandi potenze mondiali e il progetto della bomba atomica che Enrico Fermi ha promesso a Mussolini, ma per svilupparla ha bisogno di uranio. Il Duce vuole estrarlo dal Ciad, un protettorato della Francia al confine con la Libia, dopo averlo conquistato con la campagna d’Africa. Ma anche gli inglesi e altre potenze straniere sono interessati all’uranio, e dunque non sarebbe stato facile impossessarsene senza scatenare incidenti diplomatici. 

Bisogna muoversi in incognito e per tale motivo il regime ha iniziato la costruzione di una base aerea in Sicilia, dove opera un insospettabile del posto, Vittorio Borgia, membro della Milizia volontaria, che in realtà è stato incaricato di individuare la zona migliore dove costruire l’aeroporto da cui far decollare i bombardieri per spianare la strada alle forze di terra per la conquista della striscia di Aozou. Ma Vittorio Borgia viene rinvenuto cadavere il 14 luglio 1934. Forse i servizi segreti francesi o inglesi stanno cercando di sabotare l’Operazione Ausonia. Scende in campo Mussolini in persona che vuole vederci chiaro e invia in Sicilia Franco Durante, funzionario della Propaganda del Partito, ma in realtà incursore del SIM che appartiene alla sezione “Penetrazione”, la cui specialità sono le missioni in incognito e sotto copertura.  

Durante aveva condiviso diversi anni in caserma con Borgia quindi la sua presenza nell’isola è ufficialmente spiegata. A trasportarlo in gran segreto da Milano in Sicilia sarà Italo Balbo, a bordo di un Savoia-Marchetti S.62bis, un idrovolante con motore Isotta Fraschini Asso 750, quattro tempi con 18 cilindri a W da 930 cavalli, capace di raggiungere la velocità di 200 chilometri orari. 

Intanto nell’isola, il commissario della questura di Ragusa, Vincenzo Ibla, viene incaricato dal questore di indagare proprio sull’omicidio di Vittorio Borgia. Anche lui lo conosceva ben e ne era amico. Da questo incipit prenderà il via una girandola di avvenimenti e omicidi, che caleranno il lettore in un altro tempo e in un altro luogo, coi due mondi di Durante e Ibla destinati presto a scontrarsi e deflagrare.

Milanonera ha intervistato gli autori.

Scrivere un romanzo storico implica moltissime difficoltà e una mole di impegno notevolissima. Quanta preparazione occorre per non commettere errori e rappresentare in modo credibile il periodo prescelto?
Vincenzo Vizzini– Hai detto bene, ma non basta fare una ricerca accurata. Un lavoro ben fatto implica il rispetto della realtà che deve essere assoluto perché solo in questo modo rendi credibile la storia che costruisci intorno ai personaggi. In L’Uranio di Mussolini, una grossa difficoltà che abbiamo dovuto affrontare con Franco Forte sta proprio in quello che potrebbe sembrare una facilitazione del lavoro: cioè che la storia si svolge in un passato che tutti crediamo di conoscere, un passato di cui abbiamo sentito tanto parlare ma che (per fortuna) non abbiamo vissuto se non nei ricordi dei nostri genitori. Franco e io abbiamo impiegato parecchia energia, tanta pazienza e moltissimo tempo nell’andare a caccia di informazioni sulla realtà di quei giorni. Un esempio per tutti: la paga dei picialuori, i minatori, ricavata da un libro paga dell’epoca.

Franco Durante riceve da Mussolini in persona l’incarico di indagare sulla morte di Vittorio Borgia, membro della Milizia volontaria, che per conto del partito svolgeva una missione segreta per realizzare un’arma sofisticatissima. Come dosare la verità storica in una trama romanzata?
Franco Forte– Quello che si fa di solito è studiare. Studiare a fondo un periodo storico e andare alla ricerca di quegli elementi interessanti, curiosi, originali che sono accaduti realmente ma di cui magari si sa poco, per poterli approfondire in una trama resa più viva e corposa grazie alla fantasia. D’altra parte, quando si scrive un romanzo non si ha l’obbligo di restare incatenati ai lasciti storici, ci si può muovere e sbizzarrire un po’ di più per creare, all’interno del contesto storico ricostruito il più fedelmente possibile, una trama avvincente che coinvolga i personaggi in una storia piacevole da leggere. E questo è possibile solo attraverso gli strumenti della narrazione, che passano per la fantasia e l’invenzione.

L’idea di ambientare L’uranio di Mussolini nella tua Ragusa del 1934, era già di per sé accattivante, ma lo spunto che dà pepe a tutta la narrazione, è la conflittualità derivante dalla diversa visione dei due protagonisti tanto culturalmente diversi quanto intimamente simili. Chi ha avuto questo guizzo d’ingegno?
Vincenzo Vizzini– La genesi è stata parecchio lunga. Risale a diversi anni fa, quando Franco è stato ospite per la prima volta a casa mia ed è rimasto affascinato da questo angolo di Sicilia. Diciamo che ho approfittato di giocare in casa e gli ho proposto l’idea di un giallo ambientato Ragusa in epoca fascista. Ho iniziato le ricerche e ogni volta che ne parlavamo vedevo che Franco se ne innamorava sempre più, finché non ha resistito e mi ha proposto di inserire il personaggio di Franco Durante e il conseguente incontro/scontro Nord-Sud.

Scrivere a quattro o più mani, vedi la saga sui Sette re di Roma, per te sembra oramai diventata consuetudine. Come vi siete organizzati con Vincenzo Vizzini per costruire un romanzo così corposo di quasi 900.000 battute?
Franco Forte– Ne parlavamo da anni, prendevamo appunti, ci segnavamo le cose, ci telefonavamo, ne discutevamo in vacanza… insomma, davamo spessore e tridimensionalità ai nostri personaggi un po’ alla volta, fino a quando non è arrivato il momento di farli vivere nel contesto che avevamo ricostruito, dal nord Italia fino a quella Sicilia misteriosa degli anni ’30 in cui si svolge gran parte del romanzo. Una volta impostato tutto, stabilita una trama, delineati i personaggi primari e secondari, non è stato difficile scrivere un capitolo alla volta, suddividendoci gli spazi in base ai personaggi, ma poi lavorando di nuovo a una revisione capace di amalgamare il tutto in un flusso narrativo omogeneo. Di sicuro, la parte più impegnativa è stata quella dello studio e della preparazione. Poi la scrittura è andata via liscia.

Immagino non sia stato semplice scrivere in contemporanea con uno scrittore che è anche un editor esperto come Franco Forte. Qual è stato l’episodio più critico della gestione del romanzo? E il più divertente?
Vincenzo Vizzini– Considera che Franco è stato anche il mio maestro (e ho ancora tanto da imparare da lui), quindi per me una difficoltà è stata proprio quella di sedermi al suo fianco (anche se a 1600 Km). Poi anche nei tempi di scrittura si è evidenziata una certa differenza caratteriale: esplosivo lui, temporeggiatore io, ma credo sia dovuto al fatto che Franco vive nella pianura padana, mentre io dalla mia finestra vedo il mare. L’episodio più critico è stato decidere quanto spazio dare al dialetto perché non volevamo storpiarlo, e quindi abbiamo cercato di usare la lingua sicula nelle sue forme più comprensibili. Il più divertente è stato scoprire delle curiosità dell’epoca che abbiamo messo nel romanzo e alcune vi sembreranno incredibili, ma vi assicuro che è tutto vero.

La trama del giallo storico L’uranio di Mussolini si snoda attraverso i punti di vista dei due protagonisti. Come ti sei trovato nelle vesti di Franco Durante, funzionario della Propaganda del Partito, a indagare nella Sicilia degli anni ’30?
Franco Forte– Be’, è stato un po’ come compiere un viaggio nel tempo, dovendo ricostruire un mondo per certi versi affascinante ma anche piuttosto complicato come quello dell’Italia degli anni ’30, e un viaggio su una specie di pianeta alieno, visto che per uno che vive a Milano come me la Sicilia non è certo dietro l’angolo, men che meno quella parte di Sicilia che rappresenta la punta più meridionale del continente. Figuriamoci, poi, nel 1934! Quindi, tutto sommato si è trattato di un avventuroso viaggio nel tempo in una terra a me pressoché sconosciuta. Divertente, no?

Il romanzo si apre con la bastonatura nelle campagne siciliane di ‘Mpa Tano, contadino che viene soccorso da Vittorio Borgia, membro della Milizia volontaria e amico di gioventù di Durante e Ibla. Dal suo omicidio scaturirà il plot che darà l’avvio alla complessa trama. Con un’indagine nell’indagine, misteri, false piste, segreti. Un romanzo storico ma con più piani narrativi, di cui l’americano Smith rappresenta l’anima nera in combutta col potere economico. Ieri come oggi. Cosa ci insegna la storia? Cosa ci lascia il vostro romanzo?
Vincenzo Vizzini– La storia ci insegna tante cose, è l’uomo che ha la memoria corta. Studiare quel periodo storico e scoprire che molte delle dinamiche che hanno portato al potere dei dittatori si stanno ripresentando è allarmante. Spero che il romanzo lasci nel lettore questa voglia di non dimenticare, e ai più giovani la curiosità di scoprire cosa, agli inizi del novecento, ha portato tanta gente comune ad alzare al cielo la mano destra o a stringere il pugno sinistro senza capire dove li avrebbe condotti tutto ciò.

Quale lettore ideale immaginavate nel congegnare questo romanzo che si dipana su più piani narrativi e può essere letto e goduto a più livelli di lettura?
Franco Forte– Il lettore che ama le storie semplici eppure ingarbugliate, romantiche eppure feroci, intelligenti ma anche torbide, obnubilate da certe bassezze dell’animo umano. Insomma, quei lettori che non vogliono semplicemente starsene sprofondati in poltrona a leggere, ma ogni tanto vogliono sobbalzare un po’. E divertirsi il più possibile.

Roberto Mistretta

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