Ancora un romanzo scandinavo, ma stavolta un giallo normale, piuttosto equilibrato, di taglia che in Italia si potrebbe definire quasi provinciale, nostrana per la penna della danese Sara Blaedel, ben conosciuta a casa sua. Ambientato a Copenaghen, la bella, verde e civile capitale, solcata da canali, percorsa da lunghe e ordinate piste ciclabili ma anche come tante città e cittadine italiane in mano alla delinquenza organizzata o mafia balcanica e che gestisce la tratta delle donne destinate al marciapiede. E proprio dall’ambiente della prostituzione di Copenenghen scaturisce un feroce omicidio. Una giovane donna proveniente dall’Europa dell’est, trovata sgozzata alle prime luci dell’alba nel mercato della carne di un quartiere cittadino a rischio, fa scattare le indagini della polizia ed entrare in gioco l’ispettrice Louise Rick e i suoi colleghi. Nello stesso giorno, due ragazzini, uno dei quali è figlio di Camilla Lind, giornalista di cronaca nera e amica per la pelle di Louise Rick e l’altro figlio del pastore, trovano una neonata avvolta in un asciugamano e abbandonata nel vestibolo della canonica di una zona residenziale… Le due amiche si consultano, indagano… Ma pochi giorni, dopo l’unico testimone dell’uccisione della prostituta che si è confidato con Camilla Lind, subisce una atroce punizione: sottoposto a una variante della cravatta colombiana, gola tagliata e la lingua conficcata sul palato, legato tra quattro panchine e lasciato lì a morire come un cane. L’opinione pubblica danese è sotto choc. L’abbandono della neonata e i due delitti vanno a intrecciarsi inesorabilmente e Louise Rick, tenace detective di una squadra omicidi sempre più tartassata e ridotta all’osso, è costretta agli straordinari per tentare di sbrogliare la matassa, con l’appoggio incondizionato dell’amica giornalista. Ma la terribile e agrodolce soluzione del caso viene da un qualcosa avvenuto in un passato lontano ma che è tornato implacabile a presentare il conto. Struttura narrativa lineare, ma che tiene il lettore sotto pressione, senza mai stancare.
Mai più libera
patrizia debicke