Manuale di autodifesa per maschi



Paul de Sury
Manuale di autodifesa per maschi
Fazi
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La prima (e ad oggi unica) volta che incontrai Paul de Sury fu in un contesto anacronistico. E’ per questo che, pur essendo passati pochi giorni, uso il passato remoto per parlarne. Per il suo savoir faire che riporta a un film in bianco e nero e per la cornice della nostra conoscenza. Si chiama “Circolo dell’ora elegante”, l’enclave circoscritta a pochi adepti con sede in una traversa di via Torino, nel raffinato negozio di Antonio Mele, scarpaio di fiducia dei reali. Si incontrano lì direttori di giornali, liberi professionisti e personaggi della Milano bene che discutono di attualità e marchi di whisky, fumando sigari e brindando a champagne. Quella sera Paul presentava la sua ultima fatica, un contro galateo per imparare a difendersi dalle donne.

“Il manuale di autodifesa per maschi”, Le Meraviglie editore, 240 pagine ha questo intento: conoscere il nemico per debellarlo (o spiazzarlo alla radice). Per questo l’autore divide l’eterno femmineo in due macro categorie.

«Estremizzando, con rispetto al loro atteggiamento verso i maschi, le signore si possono dividere in due grandi categorie: le castratrici e le zoofile». Le prime si propongono di risolvere i problemi dell’umanità tramite l’evirazione (vera o psicologica, poco importa…) le seconde amano essere definite «orgogliose proprietarie di un esemplare di questa splendida razza di animali, purtroppo a rischio di estinzione»

Secondo de Sury, londinese classe 1956 e professore di Economia presso l’università di Torino, “la vera specie a rischio di estinzione è il maschio della razza Homo Sapiens, vittima di un complotto ordito da donne, stilisti gay e nazisti delle SS (salute e sicurezza)”.

Colpa della «sacerdotesse del bon ton che pretendono di insegnare come ci si deve muovere e parlare nelle diverse situazioni della vita si addestrano da anni, forse da sempre, e si sono alleate con gli stilisti e, duole rivelarlo, con i nostri figli, plagiati dalle mamme.

Lotta dura (senza paura) alle maestrine del mezzo tacco (niente v’è di più volgare, a detta loro, dello spillo) e a tutte le castratrici che, pur avendo un meraviglioso esemplare di homo sapiens sotto le coperte, ne vedono solo il rutto libero e lo sguardo catatonico davanti all’unico anello che amino. Quello del circuito di Indianapolis di Formula1.

bea buozzi

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