Manuel Manzano è passato da Milano per presentare il suo libro, “Le incredibili disavventure di un autentico cacasotto” appena uscito per Kowalski. Fino a 10 anni fa era editor in una casa editrice e lavorava 14 ore al giorno. Accortosi che gli scrittori vivevano meglio di lui, aveva deciso di diventare scrittore. Un foglio al mese, aveva iniziato a scrivere un romanzo che la sua casa editrice non aveva neanche preso in considerazione. Si era licenziato per lavorare come ghost writer per scrittori ricchi. Scrive anche discorsi politici per amici di sinistra. Vive a Barcellona con moglie, due figli e un pappagallino
Hai un metodo per scrivere?
Nel mio studio di legno sul terrazzo ho una grande lavagna, per prima cosa scrivo lì sopra la trama. Poi riempio i buchi, creo una struttura primitiva e inizio a scrivere e man mano diventa una cosa diversa. Non sempre conosco il finale, mi lascio trasportare. Poi rileggo, se rido vuol dire che funziona. Questo è il mio metodo. Scrivo con l’intento di far ridere, perché la vita è triste e se si vuole cambiarla bisogna saper fare ridere gli altri.
Le tue letture preferite?
Italo Calvino, è stato il mio referente, poi Giusepe Genna, Alfredo Bryce Echenique e Massimo Carlotto.
A cosa ti sei ispirato per il tuo libro?
A tutto quello che ho vissuto al Barrio Cina nella mia gioventù. Ero stanco di romanzi con buoni e cattivi, volevo solo cattivi. Volevo mostri senza pregiudizi e senza morale, ora in Spagna si può scrivere di tutto senza pregiudizi, anche una comicità così estrema.
Perché un serial killer cieco?
Perché era più comico che uno vedente, non è tanto normale per un giallo che un handicappato sia così importante per la trama. Siamo più abituati ai super eroi.
Più che pavido Manuel Bun è un uomo senza qualità. Che cosa rappresenta e perché proprio a lui devono capitare tante cose negative?
Manuel Bun ha paura, ma ostenta una facciata di vita normale. Ha paura di essere sé stesso, di essere un uomo vero.
I tuoi personaggi sono degli emarginati. Perché questa scelta?
Sono personaggi ispirati ai miei ricordi del Barrio Cina negli anni 80. Lì eravamo tutti dei perdenti.
Capitan de las sardinas è stato il tuo primo e unico libro. Come hai fatto a farlo pubblicare in Italia?
Grazie al mio agente letterario, alla fiera di Francoforte lo ha venduto anche in Portogallo e Slovenia, è in trattative per l’Inghilterra.
Come è considerato il romanzo giallo in Spagna?
Ha un prestigio consolidato, perché ha scrittori importanti quali Vazquez Montalban.
Avete contatti tra scrittori a Barcellona?
Si, ho contatti personali con 2 o 3 di loro, ci sentiamo di tanto in tanto. Non c’è un luogo di incontro istituzionale. Invece con Sebastian Alfandra vado a pranzo almeno una volta al mese.
A quando il prossimo libro?
Ho appena terminato “El hombre de plastilina”, ambientato allo zoo di Barcellona, dove avviene un delitto. E anche in Uganda, con una storia parallela dove sono protagonisti Romeo e Giulietta, due scimpanzé. Ci saranno ancora Boris Beria Fuensanta e Nicodemo. Il mio agente dice che è ancora più divertente del precedente.