Margaret Doody: L’impiccagione di Ann Ware e altre storie



Margaret Doody
Margaret Doody: L’impiccagione di Ann Ware e altre storie
Mondadori
Compralo su Compralo su Amazon

Margaret Doody : quel buon sapore di Storia
Che Margaret Doody si trovi a suo agio a scorrazzare nella Storia è fuor di dubbio, e lo dimostra il suo investigatore seriale, il filosofo Aristotele – sì, proprio lui, l’erede di Platone, influente perlomeno quanto il maestro – che dal 1977 regna pressoché incontrastato in undici avventure dove mistero e riflessioni filosofiche si fondono con un’ineccepibile accuratezza di ricostruzione.
Ma lo dimostra anche la raccolta di racconti L’impiccagione di Ann Ware e altre storie (Mondadori, pagg.144, febbraio 2020) che la casa editrice ha di recente pubblicato tra le uscite celebrative per il novantesimo anniversario de Il Giallo Mondadori.
Una chicca, diciamolo subito: per arguzia, atmosfera, resa storica ed elegante vivacità di penna. Margaret Doody qui ci regala sei storie gotiche, ambientate dal diciottesimo secolo a pochi anni fa, senza mai perdere attendibilità nella ricostruzione d’epoca e capacità di trasmettere un brivido sottile.
Storie tra loro molto diverse dove predomina a volte il dramma, altre la passione, o ancora un luciferino odore di zolfo piuttosto che una immaginazione quasi di fiaba.
Ne L’impiccagione di Ann Ware, che dà il titolo alla raccolta, la giovane Ann è processata e poi condannata a morte per aver ucciso i genitori adottivi. Nessuno in quel lontano 1748 crede alla sua innocenza, a eccezione di uno scrittore, Harley l’Imbrattacarte, che si guadagna da vivere redigendo cronache processuali e la segue negli ultimi giorni di vita. Tra le solenni aule del tribunale londinese di Old Bailey e le tragiche mura del carcere di Newgate, Harley si convincerà sempre più della sua innocenza, ma non potrà salvarla dal patibolo perché lei stessa rifiuta di confessare una verità che potrebbe salvarla.
Gotico ed erotico si fondono ne Il caso dell’istitutrice scomparsa, nel quale la signorina Phillip, irreprensibile educatrice delle figlie di un nobilotto, senza motivo apparente inizia ad apparire e scomparire dalla sua magione nella campagna inglese di metà Ottocento, per poi incrociare inaspettatamente il percorso della Carrozza Fantasma, un fenomeno leggendario di quella zona.
Tra i solenni cortili universitari di Oxford, sul finire degli anni Settanta, la giovane Lilian cade stregata da I passi del duellante che solo alle sue orecchie rimbombano sull’antico selciato. Non troverà pace finché non avrà risolto, con una compassione che rasenta l’amore, il mistero di quella che per gli altri è solo una lontana leggenda.
La storia dei denti di Edie commuove il lettore con la patetica figura di una domestica, Edie appunto, senza istruzione e senza bellezza, che un giorno d’estate nella Nuova Scozia degli anni Cinquanta, conquista il bene per lei più prezioso, una chiostra di denti fulgidi seppur artificiali, e non è disposta ad abbandonarli neppure dopo la morte.
Lungo gli ordinati filari di viti della californiana Napa Valley, Sylvia e George si concedono una vacanza dai loro impegni musicali tra Falchi in volo e profumo d’uva. Non immaginano che il vecchio e malconcio contadino cui danno un passaggio in auto allestirà solo per loro uno spettacolo grandioso che non dimenticheranno facilmente.
L’ultimo racconto, Vetro veneziano, in una Venezia sfuggente e ombrosa dei primi anni Duemila, ci apre le porte di un appartato negozio di antichità, dove polvere e decadenza tessono una trama sinistra e i cocci di vetro vermiglio di una coppa andata in frantumi continuano a perseguitare il protagonista.
Ed è proprio quest’ultimo il racconto che forse mi è piaciuto di più, l’autrice abile a evocare una Venezia di nebbia e di ombre, in cui non accade nulla perché tutto è già accaduto o sta per accadere, una Venezia che ricorda molto la città lagunare della Du Maurier nel suo Don’t look now, una Venezia nell’uno e nell’altro pervasa di un grigio spettrale acceso solo di rossi e sinistri bagliori.
Vale comunque la pena di leggerle tutte, queste sei storie di Margaret Doody, per l’eleganza formale ma anche per l’abilità nel dar corpo e anima alle ombre, per rendere terreni quei suoi fantasmi, vibranti ancora di passioni, così vicini a noi.

 

Giusy Giulianini

Potrebbero interessarti anche...