Arthur Morrison – Martin Hewitt Investigatore



Arthur Morrison
Arthur Morrison
Del Vecchio Editore
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Martin Hewitt, Il rivale di Sherlock Holmes
Con la pubblicazione di Martin Hewitt Investigatore (2019, pagg.180) Del Vecchio compie un’interessante operazione editoriale, dando alle stampe la prima raccolta di avventure di un investigatore che all’epoca fu salutato come il grande rivale di Sherlock Holmes. Simile a lui nell’astuzia meticolosa con la quale procede alla raccolta degli indizi, non certo di minor ingegno, ma ben diverso per temperamento e abitudini.
È un uomo ordinario, Martin Hewitt, basso di statura, gioviale e arguto, “che forse potrà sembrare strano a chi lo vede solo come un serio e misterioso rivelatore di segreti e di crimini”. È spesso accompagnato da una “spalla”, il giornalista Brett che funge da biografo e che al pari di Watson non è particolarmente intelligente ma è in compenso discreto, collabora di buon grado con la polizia e si rapporta con pari cordialità ad aristocratici e popolani.
La sua prima avventura nel 1894 su The Strand Magazine – la stessa rivista di SH che ne piangeva l’immatura fine, peraltro decretata dal suo creatore per dedicarsi ad altro genere di romanzi – fu salutata da un caloroso successo, e forse proprio in ragione del suo essere anch’egli onnisciente come il rivale conandoliano, ma al contempo appartenente a quell’East End che era “un groviglio tremendo di slums […] dove uomini e donne laceri e sporchi sopravvivevano a forza di gin”, un mondo ben lontano da Baker Street e molto più vicino alla gente comune.
Morrison - Hewitt COVER (1)L’antologia pubblicata da Del Vecchio raccoglie sette racconti (I furti di Lenton Croft, La scomparsa di Sammy Crockett, Il caso di Mr. Foggat, Il caso della torpedine Dixon, Il caso del rubino Quinton, Il mistero del cameo Stanway, Il caso della tartaruga), tra furti di gioielli e cimeli preziosi, rapimenti di vigorosi atleti, omicidi efferati, furti di micidiali invenzioni. Tutti comunque accomunati dalla cifra dell’impossibilità: le gemme spariscono da stanze chiuse a chiave o sorvegliate da testimoni, gli omicidi vengono commessi in ambienti sprangati dall’interno, gli atleti si volatilizzano senza lasciar traccia d’impronte sul terreno, i progetti vengono rubati sotto gli occhi degli stessi inventori.
Già perché quello di Hewitt è “l’ufficio per le questioni incredibili e assurde” e quanti si rivolgono a lui lo sanno, consapevoli di essere incappati in misteri cui la ragione stenta a credere. Nessuna paura, c’è Martin Hewitt a dipanare la matassa e a svelare l’imbroglio sulla sola base di logica e osservazione, fedele ancora al credo di un’epoca positivista.
Eppure Martin Hewitt, pur nella sua classica aderenza ai dogmi della detection novel – che non sorprende visto che il suo autore fu, al pari di Agatha Christie e Doroty Sayers, membro del Detection Club, nato allo scopo di suggerire agli scrittori regole costanti che consentissero ai lettori la scoperta del colpevole – reca in sé germi di modernità, in primis quel suo essere spesso immerso nelle drammatiche diseguaglianze sociali della Londra tardo vittoriana, che ne fa un precursore dei detective dell’hard boiled school.
Una lettura interessante, dunque, per chi ama il crime vintage ma anche per chi vuole conoscere la storia della detection novel. A questi ultimi consiglio di non trascurare la lettura della ben documentata postfazione di Angelo Riccioni, che è anche traduttore dei racconti.

Giusy Giulianini

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