Milano a mano armata



Romano De Marco
Milano a mano armata
foschi
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Milano a mano armata ha un avvio abbastanza consueto per un un thriller giallo: il protagonista, Matteo Serra un poliziotto corrotto, colto in flagrante dolo, dopo essere sfuggito per un pelo all’ignominia e all’arresto, soprattutto perché sa e nasconde troppe cose marce dell’attuale realtà italiana, viene trasferito d’ufficio da Roma a Milano. Si potrebbe ipotizzare per essere controllato a vista e magari riportato all’ordine… Un completo cambiamento di rotta da parte sua? Ma no! Troppo semplice e scontato!

E invece Romano De Marco costruisce un roboante fumetto fantapolitico che, pur servendosi di un’ambientazione risaputa che si crogiola nei misfatti veri o presunti del passato governo berlusconiano, alla fine risulta piuttosto ben architettato. L’autore inventa un Superman cattivo, una specie di Diabolick, e lo mette nei panni dell’ispettore Serra.

E il suo super eroe, volente o nolente, è costretto a fronteggiare la sua nuova situazione. Arrivato a Milano si trova aggregato al Nucleo operativo crimini, formato da una squadra di poliziotti di qualità. A sua scelta, da solo o in compagnia, affronterà una joint-venture fra ‘ndrangheta e cartelli colombiani che intende impadronirsi del traffico di cocaina, servizi segreti deviati, collusioni fra politici e alta finanza, ma non si tira indietro. Si farà largo ad ogni costo e, lasciandosi alle spalle una scia insanguinata di cadaveri di nemici e amici, provocherà un’escalation di eventi, una reazione a catena che non concederà scampo ai rivali.

Un personaggio, Serra, cattivo, a volte scostante, dannato quasi e che in alcuni momenti corre il rischio di trasformarsi in eroe mentre in realtà è di una rara presunzione e antipatia. Ma, ciò nonostante, la storia funziona lo stesso.

patrizia debicke

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