Modus Vivendi

Zygmunt Bauman è da tempo impegnato in una lettura critica delle contraddizioni epocali determinate dalla globalizzazione capitalistica: nel passaggio dalla modernità solida, fondata sul primato della solidarietà collettiva, a quella liquida, dominata dall’individualismo più sfrenato, Bauman vede il progressivo dissolversi di quel legame sociale che costituiva le precedenti comunità politiche e sociali.

Insomma, se nell’epoca fordista l’affermazione dello stato sociale garantiva l’inclusione della pluralità di soggetti sociali, poiché vigevano delle precise regole del gioco e un certo compromesso sociale, nella post-modernità il binomio competitività e deregolamentazione genera una diffusa insicurezza sociale e la produzione di una massa crescente di scarti umani, che “nessuno vuole” accanto a sè.

Al punto che si creano più linee di demarcazione sia esterne ai continenti che interne alle città: da un lato i profughi economici vengono collocati in un limbo dove ” non possono andare nè avanti nè indietro”, in quanto le aree economiche del benessere li respingono mediante ingenti fortificazioni e pattugliamenti costanti; dall’altro lato la crescente polarizzazione sociale sospinge le élite dominante a creare quartieri separati da quelle che considerano le classi inferiori o “pericolose”, recluse in ghetti involontari.

È quindi la coscienza di questa tragica ingiustizia planetaria ad innervare il recente “Modus Vivendi”, in cui il lucido sguardo realista di Bauman non concede spazio alla rassegnazione nei confronti dell’esistene o , peggio, alla disperazione.

È vero che l’uomo “cacciatore” dell’era postmoderna è tutt’altra cosa dall’uomo “giardiniere” dell’era moderna, il quale coltivava il sogno utopico dell’emancipazione collettiva.
L’orizzonte dell’uomo cacciatore è segnato esclusivamente dalla brama di una improbabile autorealizzazione personale, in una lotta senza esclusione di colpi con gli altri suoi simili.

Ma se questa degenerazione delle relazioni sociali e tra le classi alimenta il flusso dei perdenti, è più che naturale che questi perdenti individuino delle strategie di resistenza, a partire dalla loro precaria condizione materiale e dalla loro comunità locale.
Vi è quindi la possibilità che rinasca una spinta alla convivenza, alternativa alla logica spietata della concorrenza.

Paradossalmente per Bauman sono le città i luoghi da cui può scaturire la tensione alla “comprensione reciproca”, poichè in esse naturalmente avviene l’incontro e la “fusione di orizzonti” tra le differenti culture.

– Recensione pubblicata da Varesenews –

Gianmarco Martignoni

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