Il morso della vipera – Alice Basso



Alice Basso
Il morso della vipera
Garzanti
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Alice Basso è tornata. L’abbiamo conosciuta, frequentata e ci ha fatto ridere di gusto con l’humour à gogò di Vani Sarca, la più brillante, cinica ma esilarante ghostwriter di Torino, gemella mancata di Lisbeth Salander dal look dark, dall’intelligenza acuta e dalla lingua tagliente, che ama solo la compagnia dei suoi libri. Lei, irrinunciabile protagonista principale, della sua azzeccata serie in cui oltre a baliare il suo aguzzino e capo Enrico Fuschi, boss della sua casa editrice Edizioni l’Erica, si era trasformata anche in consulente, mente intuitiva e investigatrice di rinforzo per il fascinoso commissario Berganza. Ma stavolta Alice Basso, dopo essersi inventata Vani Sarca, uno dei personaggi più amati degli ultimi anni dai lettori e dalla stampa, ci presenta una nuova protagonista deliziosamente vintage: Anita Bo battagliera, tenace, sveglia e idealista.
1935, 8 giugno La radio ha appena riportato che Mussolini a Cagliari si esibito alla finestra in un focoso discorso in appoggio alle scelte politiche italiane in Africa non troppo gradite dagli inglesi, ma il cliente davanti al banco della florida tabaccheria di Ottavio Bo per comprare delle sigarette preferisce pensare ad altro e rimira con occhio beato la visione del prosperoso seno di Anita, vent’anni e figlia del proprietario. Anita è bella, proprio bella senza tema di smentita, ma è tutto meno che stupida per cui oltre a servirsi molto bene del suo fascino e del sapere sorridere, ha imparato a conoscere il mondo in cui vive, sia in virtù di un’insegnante di qualità che di un’amica bruttina ma decisamente intelligente. Così, quando Corrado Leone, lo statuario biondo vichingo, il buonissimo partito ambito dai genitori, perfetto esemplare di maschio, si dichiara e le chiede di sposarlo, dice di sì, ma rimanda il loro matrimonio. Lui è il miglior marito desiderabile per una ragazza, anche lei lo ama teneramente alla stregua di un affettuoso cucciolone. Insomma accetta la sua proposta ma prima vuole lavorare per sei mesi. Un’uscita a sorpresa, una dimostrazione della sua personalità perché Anita, scopre dentro di sé un improvviso desiderio di affermazione, perché lei prima di affrontare quell’unico orizzonte per le donne caro al partito e cioè: stare a casa e fabbricare figli, pretende un po’ di respiro. E per averlo non le resta riciclarsi a dattilografa per la piccola casa editrice che stampa il settimanale giallo Saturnalia. Sappiatelo: lavorare come dattilografa allora poteva rappresentare l’unica botta di indipendenza prima di una vita da casalinga. E Anita, questa via di fuga la prende al volo, si accomoda davanti alla Olivetti e digita. Un po’ zoppicante all’inizio, l’esperienza scolastica è un po’ lontana, poi si dà da fare e si arrangia sempre meglio. Da quel momento ogni mattina Anita si trasforma in una brava dattilografa degli anni ’30, infagottata nel suo grembiule nero o triste divisa, in un preciso stereotipo del nostro immaginario di quell’epoca. L’abbigliamento severo, i capelli arricciati con il ferro… Il monotono ticchettare dell’Olivetti risuona nella stanza. Epperò man mano che batte a macchina, Anita scopre tante cose. Le storie, che deve scrivere sotto dettatura per la rivista Saturnalia, sono belle. Intriganti racconti gialli americani che parlano di agguati, whiskey, sparatorie. Impara a conoscere scrittori come Hammet, Chandler ,le piacciono i loro personaggi, prende confidenza con l’ambiente, ora sa cosa vuol dire Black Mask, cose lontane che non immaginava finora ma che vengono tradotte da Sebastiano Satta, l’affascinante scrittore, numero due della rivista e osannato creatore del personaggio del Commissario Bonomo. Cose che a conti fatti le stanno insegnando qualcosa. Molto? Cresciuta in un mondo dominato soprattutto da adunate, manifestazioni ginniche e sfilate di balilla, fino a oggi i giornali e i libri, censurati da anni, le dicevano poco o niente, mentre ora si trova davanti a storie diverse che puzzano di realtà. Insomma Anita, bella e sveglia e poco portata a farsi gli affari suoi, scoprirà presto di star lavorando con un giallista, Sebastiano Satta Ascona, che vorrebbe scrivere come Chandler e invece per amore della rivista è costretto a portare in scena ogni settimana lo squallore delle avventure fanatico fascista del Commissario Bonomo. Insomma a scrivere delle solenni castronerie. Perché negli anni ’30 un giallista o un editore di gialli se volevano sopravvivere dovevano per forza barcamenarsi. Ma il troppo stroppia e allora sarà anche per questo che durante una patriottica manifestazione, quando un’anziana donna viene malmenata e arrestata dall’Ovra perché grida che l’osannato eroe di guerra è invece un assassino, Anita le crederà. Ma come fare per scoprire la verità e trovare il modo per raccontarla in anni in cui ormai niente è più giusto? Anni in cui pare impossibile mettere all’angolo il cattivo? Anita deve provare a fare qualcosa. E a conti fatti ci riuscirà perché dattilografa e scrittore, faranno fronte comune almeno per denunciare velatamente la sopraffazione e i torti nascosti dal morso di una vipera, con l’efficace ausilio della letteratura gialla americana. Un libro, Il morso delle vipera, da definire un ottimo cocktail con tocchi cromatici che virano al giallo. E tuttavia, se si vanno a guardare le regole degli anni trenta e alle stigmate del giallo classico, con qualche mini suffragettistico tocchetto rosa, mentre la minacciosa ombra del nero si fa strada, con l’aggiunta, che non guasta, di una sfumatura psicologica. Et voilà l’indovinato mix finale, il tutto poi sublimato dagli irrinunciabili toni e battute di un irriverente spirito, spesso iperbolico che funziona alla grande. Sullo sfondo di una Torino in cui già si sentono soffiare sul collo le prime prepotenti folate del fascismo, Alice Basso ci regala una storia in cui i gialli da libri si trasformano in maestri di vita. Un storia in cui il lettore in realtà io credo sia sedotto, allo stesso modo sia dalla trama che dalla frizzante atmosfera e va avanti a leggere, crogiolandosi nei suasivi ed esilaranti giochi della prosa dell’autrice. Un mondo con un perfetta ambientazione che tuttavia trascende dal divertimento puro e semplice perché il mondo di Alice Basso è sempre pieno di idee e denso di imput intellettivi e stavolta anche di diversi, suggestivi e colti riferimenti storico letterari.

Patrizia Debicke

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