Nel fuoco si fanno gli uomini, due chiacchiere con Ivan Brentari

51cRMgfugbL._SX323_BO1,204,203,200_Avete presente la Milano ripulita ed ingioiellata della Fashion Week, del Salone del Mobile, dell’Expo e, o di tutte le Week? Bene, dimenticatela e date uno sguardo a ciò che c’è al di là di riflettori e tendenze.
La città è qualcosa di più complesso, è un dipanarsi di intricate trame che vanno oltre il Quadrilatero della Moda e dei quartieri riqualificati. In Nel fuoco si fanno gli uomini (ed Piemme) di Ivan Brentari ci viene svelata un’altra realtà milanese fatta di case popolari, di industrie e di gente comune.
Eh già, in molti sembrano aver dimenticato che Milano è stata, è continua ad essere – anche se in modo diverso – una città industriale, una città disseminata di fabbriche. Le proteste dei metalmeccanici e i quartieri dormitorio sembrano appartenere ad un passato troppo lontano, ed invece sono lì dietro l’angolo da Baggio e a Giambellino, da Bonola a Corvetto, in un susseguirsi di tangenziali e case popolari.
Il romanzo mostra una Milano ben insaponata che si presenta come la città dei grattacieli di Hadid e che oscura ciò che succede alle sue estremità. Il racconto di Brentari ci porta nei casermoni della Corvetto anni ’70 e in quella di oggi. Lo spaccio si è spostato dalle strade in luoghi chiusi, per la teoria che ciò che non si vede non è un problema. Anche le proteste operaie sembrano aver assunto una compostezza e una proporzione che le rende quasi invisibili rispetto a 50 anni fa.
Il protagonista che si muove tra questi luoghi è Alessandro Valtorta, un commissario nato spacciatore e violento pupillo del boss del Corvetto Geraldo Piscopo. È un uomo dal passato molto oscuro che continua ad ossessionarlo e lo trascina sempre verso l’estremo.  A tirarlo via da questi suoi demoni c’è sempre il vice ispettore Mattia De Pin, è a lui che Valtorta deve il suo cambio di rotta.
I due si trovano insieme ad indagare sull’omicidio di una prostituta russa, Oksana Gobuleva, e sulla scomparsa di un sindacalista della Fiom, Antonio Medri, proprio nei giorni delle mobilitazioni per il contratto nazionale degli operai metalmeccanici. Questo caso porterà il commissario a fare i conti con le sue colpe e con le sue ossessioni.
Come ci spiega lo stesso Brentari, che abbiamo incontrato qualche giorno dopo l’uscita del romanzo nelle librerie, “Valtorta è un uomo che tenta di liberarsi dalle dipendenze fisiche, ma che non riesce ad abbandonare lo schema mentale dell’ossessione”.

DdacBgkUwAA0EeYAnche lei è un ossessionato?
“È qualcosa che sento molto. Anche questo libro in qualche modo è stato una piccola ossessione. L’ho scritto in 7 anni, la prima stesura infatti è del 2011”.

E per lo sviluppo narrativo l’elemento ossessione quanto è rilevante?
“Un personaggio che ha un’ossessione viene compreso meglio sia da me che dai lettori. È un carattere che ha placche morali e sentimentali molto importanti che entrano in conflitto tra loro e creano la forza della narrazione”.

I contrasti a cui fa riferimento sono molto intimi. Valtorta ha molti nemici, ma il peggiore è quello che sta dentro di lui…
“Dal conflitto nasce la storia ed è più facile caratterizzare personaggi che si scontrano con qualcosa. Nel canone del contrasto si possono trovare delle sfumature diverse e interessanti”.

Il libro è decisamente stratificato. C’è la lotta tra operai e padroni, c’è lo scontro tra poliziotti buoni e cattivi, quello tra forze dell’ordine e criminali, e poi c’è quello tra uomo e donna.
“Questo è un romanzo delle donne, sono loro che tirano le file di tutto. Gli uomini sono tendenzialmente dei deboli che, per ragioni sessuali o di inclinazione personale, non riescono a resistere. Anche Valtorta ha dei momenti di debolezza. Quasi tutte le protagoniste sono manipolatrici da Oksana a Miranda – forse lei è la peggiore –. Alle donne riconosco una forza e una perseveranza che gli uomini non hanno, loro hanno la forza per trainare sia la propria vita che quella degli altri”.

 

Eleonora Aragona

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