NOIR istruzioni per l’uso



Luca Crovi
NOIR istruzioni per l’uso
garzanti
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Più che un atlante del delitto che si legge come un thriller, come recita la pagina di copertina, è un raffinato manuale sul delitto che vi prenderà per mano per introdurvi, da attento studente o ignaro spettatore, nei labirintici meandri costruiti dai grandi signori passati e attuali del crimine. Da autori, grandi autori con la G maiuscola, che hanno fatto e continuano a fare la storia del noir, giallo, poliziesco, thriller o avventura che dir si voglia. Crovi dedica la prima parte di Noir ai suoi incontri a distanza, mettendo in primo piano anche mitici nomi del passato, tra i quali inserisce gli italiani De Angelis, Scerbanenco, Diabolik… (ovverosia le sorelle Giussani) per poi presentarci invece in un rapporto ravvicinato, quasi ombelicale, tanti altri scrittori di oggi, incontrati, frequentati, intervistati in diretta e apprezzati di persona. Incontri a distanza: scopriamo subito che forse Poe l’intimorisce un tantino mentre Dickens l’affascina. Altrettanto si diverte a giustificare Conan Doyle in veste di storico dimenticato, cita i maligni consigli di Chesterton, le vantaggiose eccentricità della Christie, la capacità di autopromozione di Simenon, il perfido humour di Brecht, la politica di Chandler di non buttare mai via nulla (come con il maiale) e la realtà della violenza di Hammet. L.C. attribuisce, probabilmente a ragione, a Dűrrematt la paternità del noir e a Patricia Highsmith il magico tocco dell’horror. Ricorda quanto il giallista italiano De Angelis desse importanza alla psicologia degli assassini, varca l’oceano per immergersi nella realtà scenografica e cinematografica di Spillane e poi tornare imperterrito al piacere dello scrivere di Scerbanenco. Ci conferma che Diabolik in cinquant’anni non ha mai sbagliato, ci rivela il vero nome di McBain, la duttilità di Héléna, la passione per Pippi Calzelunghe di Larsson, la metafisica del noir di Raymond, le reinterpretazioni visive di Hitchcock e il primo vagito sui serial killer scritto da Stevens. E non pago ci spiega: l’investigatrice del Botswana di MccalSmith, il mistery all’indiana di Swarup e Hall, la realtà della vita in polizia di Wambaugh e la fantasmagorica saga del perfido Arsene Lupin di Jacob. Incontri ravvicinati? Oibò! Sono troppi! Non posso parlare di tutti. Il libro farà molto meglio di me. Mi prendo la briga di andare a simpatia e citare: Ken Follet, ex giornalista, spirito libero, amante della musica che riesce a calibrare la suspence del thriller. Come dimenticare il suo incredibile La cruna dell’ago e la ricostruzione avventurosa storica ambientale del suo magistrale I pilastri della terra, eccetera; Anne Rice, la regina delle storie vampiriche, ben altro livello di Twilight; Clara Sanchez con i suoi terribili pensionati nazisti; Micheal Crichton con le sue appassionanti favole tecnologiche; Robert Crais hard boiled, noir e feroce ironia; Jeaffrey Deaver, l’importanza del cattivo e la suspence a orologeria; Arturo Perez Reverte, il colto reporter di guerra, conscio delle atrocità della violenza umana, trasformato in scrittore; Joe. R. Landsdale, il poliedrico narratore di tante diverse storie; Björn Larsson, il professore, il marinaio con l’intelligenza e la consapevolezza dell’avventura che può farsi pericolo e storia vera; Petros Markaris, l’economista prestato al teatro e alla letteratura e la sua creatura: il poliziotto Charitos; Alicia Gimenez con Pedra Delicado, ottima ricetta di scrittura; Martin Cruz Smith con gli intrighi della sua Russia, nella quasi saga dell’ispettore Arkady Renko e ultimo, ma non ultimo: Wilbur Smith, che riesce a portare le trame e i misteri dell’Africa sulle poltrone di casa nostra. Tra gli autori di questi ultimi incontri non compaiono nomi italiani. Complimenti Luca! Hai attuato con eleganza la regola di buon vicinato.

patrizia debicke

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