Non solo noir

Suzzara (Mn), ore 19 circa di sabato 31 gennaio. La carovana di lettori, scrittori e curiosi del NebbiaGialla si sposta al ristorante Cavour per prendere un aperitivo (solo due ore prima avevamo mangiato torte in biblioteca) con Paolo Grugni e Paolo Roversi.
“Questo è un incontro all’insegna del dualismo” esordisce Fabio Fracas, scrittore, sceneggiatore e fondatore della scuola di scrittura MacAcademia di Padova, nonchè moderatore dell’evento Non solo noir. Due temi, due prospettive e due logiche diverse quelle di Grugni e di Roversi, ad accomunarli (forse) è solo il nome. Il dualismo di Aiutami (Barbera, 2008), l’ultimo romanzo di Paolo Grugni sta anche nel punto di vista stilistico, nell’utilizzo in contemporanea di versi e prosa, perchè Ricki, il protagonista del suo libro, è un paroliere mancato e un convinto animalista. Tra il pensiero di Grugni e quello di Ricki c’è identificazione completa, anche “lui è più studioso di me”, commenta. “Aiutami correva il rischio di diventare un lungo elenco di nefandezze sugli animali, per questo motivo ho trovato questo espediente stilistico. Ho creato un protagonista amante della musica e l’ho fatto parlare in rima mentre si rivolge a Ennio Morricone, il suo mito, che è anche mio amico su Facebook”. Scherzi a parte, per Grugni la scrittura è impegno, la usa per raccontare la realtà, e per condannare la banalizzazione e la radicalizzazione di questa realtà. “In fondo”- dice -, “ci sono più associazioni animaliste che animalisti stessi”. “Come la sinistra”- si leva una voce dal pubblico, quella dello scrittore Bruno Morchio, che alleggerisce la discussione. Dualismo, si diceva, anche nella scelta dell’argomento di questo aperetivo. Non solo noir, perchè entrambi gli autori hanno scritto d’altro. Come ha fatto Paolo Roversi con Taccuino di una sbronza (Kowalski), riedizione “aggiornata al 2008” della divertente storia di Carlo Boschi, che da normale impiegato di banca in procinto di sposarsi si sveglia credendosi la reincarnazione di Charles Bukowski, con tutto ciò che ne consegue. Il suo Taccuino, non è solo il racconto di un’amicizia, ma va oltre, la sua è una critica (a tratti bianciardiana) di una certa Italietta. “Non esiste modo migliore che raccontare i mutamenti socio-politici della Milano da bere e dell’Italia in generale se non attraverso gli occhi di un sbronzo ”. Roversi, studioso di Bukowski, “che è un autore che ti prende per mano e ti racconta qualcosa perchè Buk ti stupisce sempre”, con il Taccuino chiude la sua personale “fase bukowskiana”, sottolineando al sua personale versione di dualismo: “Io vorrei essere Bukowski ma non lo sono”. Due scrittori noir che si sono dati alla varia, per ideologia o per omaggiare un mito, sempre di passione si parla, ed è la passione la forza di questi due autori.

francesca colletti

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