Ossa dimenticate



Andrea Tamietti
Ossa dimenticate
Frilli
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Un giallo diverso, un’inchiesta da avvocato ma con tutte le caratteristiche del giallo tradizionale mischiato al cold case, estrapolate abilmente da un autore torinese, Andrea Tamietti, che vive e lavora a Strasburgo alla Corte europea dei diritti dell’uomo e sa catturare l’attenzione del lettore.
Attenzione, stavolta non siamo dalla parte della legge, ma neppure dei delinquenti, diciamo siamo dalla parte del “diritto fai da te” che magari qualche volta tutti saremmo tentati di attuare. Anche perché la storia è ambientata in questo nostro mondo di oggi dove tropo spesso sembra che gli unici valori che contano siano il sesso e il denaro ottenuto con ogni mezzo.
Due parole di sintesi per facilitarvi la calata nello scenario: Torino primavera 2011.
L’avvocato Alessandro Canova, quarantenne, brutto, sfigato, sporco, con il pelo sullo stomaco e sospeso dall’esercizio delle professione per 18 mesi, raccoglie sul letto di morte le confidenze dell’amico Gianni colpito da un infarto fulminante mentre si scopava una bionda lucciola russa. Ma più che confidenze, si tratta di una confessione vera e propria, perché l’amico gli ha detto di aver seppellito, quattordici anni prima il cadavere di una ragazza nel capanno di una sua proprietà agricola.
Naturalmente Canova si guarda bene di passare la confessione alla polizia e invece si premura di andare a disseppellire il cadavere, quelle ossa dimenticate. Poi, appurato che la morte dell’amico Gianni, che sicuramente ha fatto comodo al qualcuno che ricattava, è attribuibile solo agli eccessivi esercizi amatori, con il dichiarato intento di guadagnarci, si lancia in una sua personale indagine nel sottobosco della mala torinese per dare un nome alla morta e al suo assassino.
Con mille idee ma pochi elementi concreti, comincia a frugare nel passato, alla ricerca di una plausibile verità che potrebbe avere troppe sfaccettature. Le interpretazioni sono opinabili e diverse. Le apparenze pericolose possono portare su troppe strade parallele. Le conclusioni drammatiche. E solo un flash back può garantire il colpo di scena finale e la verità.
Indovinata la figura negativa di Canova furbo, manipolatore, assolutamente privo di scrupoli, opportunista, ma coerente con se stesso fino in fondo.
Ben calibrata l’ambientazione torinese, con le sue strade e i suoi locali notturni dove la haute e la malavita si incrociano.
Opera prima piacevolmente intrigante. Forse, trovando il pelo nell’uovo, si sarebbe giovata di qualche piccolo snellimento descrittivo, ma Ok funziona.
Tornerà l’avvocato Canova?

Patrizia Debicke

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