Parole sante



Eva Clesis
Parole sante
Perdisa
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Affrontiamo il progressivo disfacimento di una famiglia bene di Comasia, un piccolo paese immaginario della Puglia, in un’escursione dolorosa tra disagio personale, chiesa e famiglia, per conoscere la distorsione, la delinquenza e la falsità che si celano talvolta dietro l’apparente normalità della provincia italiana. Lina Magnano, anziana vedova, ammantata di religione e superstizione, e suo figlio Santo, martirizzato da un morbo osseo che gli ha distrutto la vita, facoltosi eredi della famiglia più importante di Comasia, vivono una vita solitaria, quasi da reietti civili, tappati in una bella casa, Villa Magnano, che ha visto passati tempi di gloria. I rapporti tra loro due si complicano quasi alla lite, quando la madre Lina Magnano mette la proprietà familiare in pericolo. Plagiata da Don Felice, il suo parroco beneamato, ossessionata dalla paura dell’aldilà, vorrebbe donare villa e terreni alla chiesa in un atto che mira alla cancellazione dei peccati, tanto da assicurarsi il paradiso, mentre naturalmente suo figlio Santo Magnano è di diverso avviso. Senza contare che Don Felice, il parroco di Comasia, si avvale dei servizi di un sacrestano, una specie di bruto che nasconde terribili segreti di un passato oscuro. Poi il fatto nuovo, che in un certo senso contribuisce a ribaltare la vita dei Magnano, con l’arrivo alla Villa, improvviso e accettato di malavoglia, di Viorica, una domestica ucraina di buona pasta. Da quel momento la situazione si complica. La presenza di Viorica, la straniera, cambiando le carte in tavola, scatenerà gli eventi che trasformeranno Comasia, il tranquillo paese pugliese, in un torbido scenario di delitti. Navigando tra imbrogli, desideri nascosti e gesti criminali, commessi da gente che si crede beneducata e gentile, Parole sante, satira forte e di costume, solleva impietosamente il velo e fa emergere una certa cultura provinciale volta al perbenismo e che coltiva invece cattiveria umana, ignoranza, prepotenza, ipocrisia e cieco razzismo.

patrizia debicke

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