Portami a casa – Sebastian Fitzek



Sebastian Fitzek
Portami a casa – Sebastian Fitzek
Fazi Editore
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Sebastian Fitzek, definito lo Stephen King tedesco, è finalmente tornato. Con un thriller psicologico che tratta di violenza ai danni delle donne e dove i confini tra vittima e carnefice sono labili, del tutto smarginati.

Portami a casa (Fazi Editore, ottobre 2024), con traduzione dal tedesco di Elisa Ronchi, coinvolge il lettore in un’esperienza dolorosa ai limiti del paradossale, eppure edulcorata se si pensa alla realtà. Perché, come ripete più volte l’autore nelle note o nelle sue interviste, la quotidianità delle vittime di violenza è di gran lunga peggiore rispetto ai romanzi. La spirale di maltrattamenti non ha limiti, ma se vogliamo trovare a ogni costo un monito, dobbiamo pensare che il killer qui agisca da sprone affinché le donne si ribellino, anche se nella sua mente malata lo fa in modo errato. Aggiungendo violenza ad altra violenza e causando solo morte.
La storia si svolge tutta in un’unica notte, dove gli eventi si susseguono a ritmo incalzante e non permettono a chi legge di avere un attimo di tregua. 

Jules e Klara sono i protagonisti, impegnati in una lunga telefonata che li tiene avvinti l’uno all’altra, mentre ciascuno sperimenta separatamente accadimenti surreali e pericolosi, al limite dello stremo.

Conscio che l’essere umano riesca a dare il meglio di sé solo quando è in lotta per la vita e si sente seriamente minacciato, Fitzek pone questi due soggetti in situazioni allarmanti, riuscendo a creare un senso di angoscia permanente, quasi che il lettore fosse offuscato da una sorta di patina e galleggiasse in balia delle avversità, al pari dei protagonisti. Qualcosa non quadra nel racconto, lo si capisce. Ma cosa, esattamente? Perché l’autore gioca di continuo tra realtà e finzione, rende gli attori inaffidabili, difficile è dunque distinguere il reale svolgimento delle scene.

È sabato sera e Jules ha accettato di sostituire il suo amico Caesar che lavora per una linea telefonica dedicata alle donne in difficoltà. Quelle che tornano a casa da sole, di notte, e desiderano avere la compagnia di una voce amica che le guidi al sicuro. Egli ha così modo di ricevere una strana telefonata da parte di Klara, una donna decisamente in pericolo, anche se dice di avere chiamato per sbaglio. 

Jules cercherà di farla parlare il più a lungo possibile, perché egli stesso sa cosa significhi la solitudine, avendo perso da poco la sua famiglia in circostanze drammatiche. Klara quindi si confida: è la moglie maltrattata e abusata di un dentista, in apparenza uomo integerrimo. Che la sottopone a giochi erotici sadici e le riconosce l’unico merito di avere messo al mondo la loro figlia Amelie. 

L’incubo ha così inizio, poiché Klara ha conosciuto un uomo che le ha imposto di lasciare al più presto il coniuge, pena la morte. E il tempo sta per scadere tra poche ore; lo ha scritto lui stesso col sangue di Klara durante un incontro: 30 novembre. Jules cerca di trattenerla in linea, consapevole che là fuori ci sia un assassino seriale soprannominato “il killer del calendario”, che ha già ucciso altre donne, segnando date sui muri col loro sangue. Un gatto che sta giocando col topo. Ma chi è il gatto e chi il topo?

In una nota in fondo al libro, Fitzek dichiara di praticare un tipo di letteratura d’intrattenimento, in cui lui stesso non si pone più di tanto il problema di risultare credibile.

I suoi personaggi in effetti prendono troppi colpi. In circostanze normali, nessuno si alzerebbe più. Invece loro lo fanno e persistono negli intenti, che sono più importanti di qualsiasi cosa.

Se ci pensiamo, però, così è la vita. Quando si ritiene che tutto sia perduto, è la volta che ci si accanisce. Una lotta continua, al di là delle violenze, per cercare di respirare. Giorno dopo giorno, finché non arriva la svolta. Ci si stanca e ci si ribella. 

E non si ha più paura.

Cristina Biolcati

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