Quelli che restano



Hugues Pagan
Quelli che restano
Meridiano Zero
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Una prostituta uccisa in modo ripugnante. A invocare giustizia è il suo magnaccia. E la chiede a Chess, un passato in polizia e un presente annegato nel jazz (che vola sull’intera storia come un unguento salvifico dell’anima e del corpo) e sommerso dal numero di bicchieri di rhum che gli si fermano in mano. Chess, convinto che si possa ancora apprezzare ogni nuovo mattino grazie alla presenza di Dinah, poliziotta col peso di esserlo. A dirigere esistenze e intrecciare sorti, Parigi. Livida, annerita, capace di essere ancora maudit solo per il sangue che non impedisce di versare. Impotente di fronte alla criminalità più odiosa. Quella della stessa polizia.

Quelli che restano suona come un’indimenticabile suite nero pece, improvvisata da una formazione che raccoglie Artie Shaw, Duke Ellington, Count Basie, Lester Young (a cui l’autore dedica un’autentica dichiarazione d’amore con la splendida pagina iniziale del romanzo). E con al microfono la voce da uccellino di Billie Holiday.

Hugues Pagan ci regala una storia che, più che altro, è una session di prova che ben poco sale verso il mondo ultraterreno dove, chissà, regneranno armonia e pace. Su questa terra i suoni sono leggermente diversi. La medesima dissonanza di Dead End Blues.

Chess si muove come al di là dell’Oceano fanno i miti dell’hard boiled (e non è un caso che il pensiero raggiunga Sam Spade, mentre In fondo alla notte il richiamo toccava Philip Marlowe). Ma con un carico di sofferenza interiore simulata in una continua ricerca della solitudine che lo porta più a frequentare i bar dove può incontrare l’Alack Sinner di Muñoz y Sampayo.

A dispetto del suo nome, Chess non è un giocatore di scacchi. Chess annusa. La morte innanzitutto. La sua, prima di quella degli altri. Così sembrano dirgli i suoi giorni. E quella che si pesa con la sarabanda che s’accende appena gli uomini inciampano nelle proprie vite. Ma cosa si ottiene alla fine del giorno? E che ci resta in mano quando l’intera storia non ha più nulla da svelare se non la sua idiota messa in scena? D’accordo, sembra dire Chess. Alla fine, ci usiamo a vicenda. E ci consumiamo. Nessuna novità. Però io continuo a cercare. Che cosa esattamente non so. In compagnia di Lester Young. E della umana, troppo umana Lady Day. Imperdonabile delitto perderlo.

corrado ori tanzi

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