L’onestà della narrazione. Intervista a Raul Montanari

Raul Montanari sarà uno dei grandi ospiti di Giallo di sera a Ortona. In attesa di incontrarlo, gli abbiamo rivolto qualche domanda.
31ToDKnStFL._SY346_Esiste un’etica della letteratura?  Ci sono limiti che ti sei autoimposto? Argomenti che non affronterai mai?
Esiste certamente un’etica, ma consiste in una cosa sola: rappresentare la realtà così com’è, o almeno così come la vedono gli occhi dell’autore. Questo basta a esaurire il compito etico della narrazione, dato che una rappresentazione onesta del mondo e della vita è già qualcosa di straordinario rispetto alle manipolazioni mediatiche che il pubblico subisce costantemente. Scrivere degli uomini così come sono, senza migliorarli o peggiorarli ad arte per un fine (per piacere di più ai lettori, ad esempio). Come diceva Hemingway: “La cosa più difficile da fare è una prosa onesta sugli esseri umani”.

I libri sono ancora un’arma?
Sì, nella forma che indicavo sopra. Non ci si deve nemmeno sforzare di inventare chissà che, per essere rivoluzionari (parola vecchissima che spero mi verrà perdonata): basta raccontare il mondo così com’è davvero, magari anche solo in un dettaglio.

In campo letterario esiste la meritocrazia?
Esiste, esiste. Come in tutti i campi, il successo può arrivare in diversi modi e non c’è dubbio che le relazioni aiutino a ottenere premi, recensioni, visibilità; ma c’è ancora un grande spazio per chi si fa strada semplicemente rimanendo chiuso nella sua stanzetta a scrivere dei bei libri che piacciono a critica e pubblico. L’idea che chi arriva a certi risultati sia sempre, invariabilmente, uno che ha barato al gioco è soltanto una consolazione per chi non ha saputo coltivare il proprio talento, o una scusa per chi abusa di scambi di favori, leccate, sgomitamenti.

Spesso tieni corsi di scrittura, qual è la prima cosa che dici ai tuoi studenti? La scrittura ( non sto parlando di pubblicazione ,sia chiaro) è per tutti? Basta volerlo fare e impegnarsi per riuscirci?
La mia scuola di scrittura ha appena compiuto vent’anni e sono molto orgoglioso di quello che ho fatto perché è considerata una delle più importanti d’Italia. Ho avuto in totale più di 700 allievi e oltre 50 fra questi hanno pubblicato con tutti i maggiori editori italiani: insegnare la scrittura creativa è diventato il mio lavoro, alla pari con scrivere in proprio e – ora meno che in passato – fare traduzioni letterarie. Come dicevo rispondendo alla tua domanda precedente, la differenza fra riuscire a comunicare con la scrittura e non riuscirci sta nell’impegno e nel raziocinio con cui si coltiva il proprio talento. Il talento ce l’hanno quasi tutti, io ho incontrato poche persone che fossero davvero negate per la narrativa.

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Tua è la definizione di post noir. Ora a che punto siamo?
Devo essere sincero? La grande massa della produzione di narrativa di tensione si è adagiata sulla ripetizione di moduli stantii – il solito detective sfigato che indaga sul solito mistero di cui poi si scopre che ci sono dietro i pedofili o i satanisti o i politici corruttori o i poliziotti corrotti. D’altronde questa è una vecchia regola della letteratura, anzi delle arti in generale: quando un genere ha successo di pubblico vuol dire che la carica innovativa degli esordi, dei pionieri, è finita. Ovviamente quello che dico non vale per gli autori di punta, che riescono ancora a inventare qualcosa di nuovo.

Cosa pensi della definizione  “scrittura di genere”?
Che la scrittura di genere esiste. Di solito è una scrittura semplificata, perché se ci pensi tutta la narrativa di genere non promette mai al lettore una scrittura, ma un tipo di storia. L’horror non ti promette: “Leggerai un libro scritto meravigliosamente”, ma: “Ti appassionerai a una storia che ha a che fare col paranormale, col sovvertimento delle leggi di natura”. Il fantasy non ti promette: “In queste pagine incontrerai uno stile sperimentale, innovativo, sorprendente”, ma ti promette: “Qui troverai un mondo alternativo a quello che ti annoia ogni giorno e un eroe che combatte per un obiettivo favoloso”, e così via. Il post noir è stato, o è, un tentativo di fare letteratura usando alcuni moduli tipici di un genere narrativo. Non spetta a me dire se ci è riuscito.

Poco tempo fa ti ho sentito fare delle giuste e interessanti considerazioni su quanto la realtà virtuale ormai sia diventata realtà a tutti gli effetti, di quanto a volte gli effetti del virtuale ricadano sul reale.  Secondo te, qual è la generazione più inadeguata a gestire l’uso dei social?
La mia, purtroppo! Per i genitori (e i nonni, visto che in un terzo delle famiglie italiane sono loro a occuparsi dei ragazzi a casa) la grande tentazione, davanti al mistero di quelle teste di adolescenti chine sullo schermo del computer o dello smartphone, è impacchettare tutto e dire: quello è il male, si stava meglio quando tutta questa roba ancora non esisteva… col risultato di tagliarsi fuori definitivamente da ogni tentativo di dialogare con i millennials. Per darti un’idea di quanto questo rifiuto delle nuove tecnologie e del mondo che hanno plasmato sia diffuso anche fra persone intelligenti e creative, posso citare una frase di Quentin Tarantino alla presentazione del suo ultimo film: “Amo tutto ciò che esisteva prima dei telefoni cellulari”.

I ragazzi sono inadeguati o si sono adeguati sin troppo bene, sfruttandone al massimo  le potenzialità anche negative?
La seconda che hai detto, senza dubbio ma senza generalizzare troppo.

Non so se si faccia ancora, ma una volta a scuola si insegnava educazione civica.  Pensi che oggi servirebbe insegnare ai ragazzi educazione social?
Ottima idea!

Fino a qualche anno fa era impensabile per un lettore interagire e commentare direttamente con l’autore il libro. Ora i social ci hanno dato questa possibilità. È positivo o negativo?

Non si corre il rischio di comprare, leggere e giudicare l’autore invece del libro?
Qui bisogna scegliere fra due mali. Prima dell’avvento dei social c’erano le recensioni dei critici ufficiali, la ricerca in libreria, le angustie del passaparola diretto, insomma un modo avventuroso di essere lettori che però aveva il limite di essere facilmente manipolabile e indirizzabile – pensa appunto a quanto pesava una recensione, e come sappiamo non è che i critici che scrivono sulle testate importanti siano tutti così attendibili e obiettivi. Aggiungi l’influenza che aveva allora il passaggio televisivo; ce l’ha ancora adesso, ma meno. Oggi il problema è l’opposto: i sei gradi di separazione sono diventati due clic sulla tastiera del computer, il rapporto diretto con l’autore rischia, come dici giustamente, di far passare in secondo piano quello con il libro, che dovrebbe essere la prima cosa e potrebbe anche essere l’unica.

Qual è il tuo rapporto con i social?
Nel complesso è molto positivo. Anzitutto, è inutile negarlo, per chiunque scriva è un conforto contare i like al post in cui annuncia un’uscita o un evento, leggere commenti affettuosi e incoraggianti. Poi devo confessarti che le mail che mi hanno mandato i miei lettori in privato mi hanno insegnato qualcosa, e posso anche dirti cosa: da quello che mi scrivono ho capito che per loro è importante che un libro non si limiti a intrattenerli ma gli insegni qualcosa sull’uomo, sulla sua vita interiore, sulle sue relazioni con gli altri. Qualcosa che possa venire sottolineato, ritagliato, ripensato da chi legge, e che magari cambi, anche di poco, il suo sguardo sul mondo. Naturalmente sapevo che questa è una delle funzioni tradizionali della letteratura, ma devo ammettere che mi ha colpito osservare quanto sia ancora viva e urgente dal punto di vista del lettore. Il che porterebbe a ulteriori considerazioni sulla narrativa di genere e su certi suoi contenuti ormai esausti…

Ti è mai capitato di ricevere recensioni palesemente false?
Sì, poche volte. Pochissime volte, a pensarci bene, e mai tanto da farmi danno. Farmi arrabbiare sì, per forza.

Sei mai incappato in un hater?
Vedi la risposta precedente.

Hai un libro feticcio, uno che rileggi spesso?
Ne ho diversi. Ogni 5-6 anni rileggo l’opera completa Shakespeare, impiegandoci mesi e meravigliandomi ogni volta di come quest’uomo sia riuscito, apparentemente, a dire davvero tutto su tutti noi. Poi rileggo continuamente alcuni racconti di Poe e Kafka, che sono stati i miei primissimi ispiratori, e di Borges, di cui amo enormemente anche le poesie; lo stesso vale per tutto Dürrenmatt, teatro incluso. Ho riletto almeno una decina di volte I promessi sposi e sono un grande fan di Manzoni, perché era un pazzo che ha passato la vita a scrivere e riscrivere un solo romanzo facendone la più straordinaria antologia di tecniche narrative che io conosca, incluso l’Ulisse di Joyce. Rileggo a rotazione Freud perché, a parte altre considerazioni, è un grandissimo scrittore. Infine, ti confesso un piccolo segreto: un anno sì un anno no, rileggo Tre uomini in barca di Jerome, perché è il libro più divertente che sia mai stato scritto, e guarda che far ridere con la scrittura è difficilissimo, tanto quanto è facile far sorridere: la scrittura si presta all’ironia, non alla comicità. E perché è un inno alla semplice gioia di vivere, una lettura terapeutica come nessun’altra.

Qual è il tuo sogno da scrittore ancora da realizzare?
Te lo spiego con un’immagine: oggi, ogni volta che entro nella casa editrice che ormai da quasi vent’anni pubblica i miei libri, tutti sorridono e vengono a salutarmi e abbracciarmi con affetto; mi piacerebbe che invece si mettessero a saltare e urlare di gioia, facendo la ola e coprendomi di coriandoli. Insomma, mi piacerebbe vendere di più… anche se quello che vendo basta ogni volta per i sorrisi e gli abbracci, e per progettare il prossimo. 😉

Hai la possibilità di chiacchierare mezz’ora con un grande del passato: chi scegli e perché?
Gesù di Nazareth può essere considerato uno scrittore, anche se dettava le parabole invece di scriverle da sé? Altrimenti Kafka va benissimo. Il perché si capisce, credo.

Per chiudere ti chiedo una dedica per i tuoi lettori…..
Vi auguro di non morire mai.

MilanoNera ringrazia Raul Montanari per la disponibilità.

 

60299976_422317475013151_705882487892475904_n (1)Ricordiamo che Raul Montanari sarà uno dei grandissimi ospiti del Festival
Giallo di Sera a Ortona
Ortona (Ch) dal 21 al 23 giugno 20019
Raul Montanari incontrerà il pubblico sabato 22 giugno alle ore 19.30 nella piazza del Teatro Tosti. Modera Romano De Marco
Qui il link per il programma completo.
Per informazioni su eventi e ospitalità a Ortona: giallodisera.ortona@gmail.com

Cristina Aicardi

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