La notte qualunque è il primo romanzo di Alessandro Ferranti, attore di fiction di successo per Rai e Mediaset. pubblicato da Arpeggio Libero.
Scrivere un romanzo storico implica non poche difficoltà e tanto impegno. Quanta preparazione occorre per rappresentare in modo credibile il periodo prescelto?
Occorre passione prima ancora che preparazione. Passione per quel particolare momento storico, perciò la ricerca diventa un piacevole impegno. Naturalmente ci vuole preparazione e studio, infatti l’ispirazione ad approfondire quelle fatidiche settimane che precedono l’ingresso dell’Italia nella grande guerra è nata all’università, durante le lezioni di storia contemporanea per poi passare a un approfondimento personale per dare colore a luoghi e personaggi che si muovevano nell’Italia di cento anni fa.
La trama del giallo storico si snoda attraverso l’indagine di Vittorio Serrano, capo della segreteria del presidente del Consiglio nel 1915, che coordina il lavoro dei collaboratori, filtra visite e corrispondenza, pianifica incontri e riunioni. Come è nato questo personaggio?
Sono sempre stato affascinato da quegli uomini sconosciuti della storia che hanno affiancato i grandi statisti e li hanno resi tali nel bene e nel male, come per esempio Ken O’Donnell per Kennedy e Bob Haldeman per Nixon, storici capi dello staff della Casa Bianca. Ho immaginato una figura simile, ma perfettamente calata nel contesto italiano dell’epoca, che inaspettatamente si trova a gestire un evento dirompente come la guerra ed è costretto a improvvisarsi detective.
Accanto ai personaggi storici realmente esistiti, da Mussolini, allora ancora giornalista, a Giovanni Giolitti ad Antonio Salandra presidente del Consiglio dei ministri nel regno d’Italia, agiscono personaggi di fantasia. Come hai dosato verità storica e realtà romanzata nella trama?
È difficile dosare verità storica e realtà romanzata, perché aumentando la prima si cade nel saggio storico, abusare della seconda vuol dire scrivere un normale giallo. Inoltre, inventare un personaggio, per giunta il protagonista, che lavora a strettissimo contatto con il presidente del Consiglio dell’epoca, personaggio storico reale, ha reso ancora più difficile il dosaggio dei due elementi chiave del giallo storico.
Vittorio Serrano riceve l’incarico di organizzare un incontro segreto per conto di Salandra per decidere il futuro dell’Italia se dovrà entrare in guerra dopo l’attentato all’arciduca d’Austria a Sarajevo. L’assassinio del custode del luogo dell’incontro darà verve alla narrazione. Quanto ti ha impegnato lo studio del contesto storico?
L’idea del romanzo è partita proprio dal luogo dell’incontro segreto per poi sviluppare l’intera trama. Il contesto storico è costato molta fatica e molto tempo, perché non è facile reperire le informazioni sulla vita di cento anni, ma è necessario compiere ricerche approfondite nelle biblioteche e negli archivi. Non si tratta di cercare date o ricostruire eventi, ma conoscere mezzi di trasporto, urbanistica, moda, gastronomia, condizioni umane ed economiche. Un bel lavoro e una bella sfida!
Troviamo anche un consigliere comunale di opposizione di Tivoli che porta il tuo stesso nome e cognome. Hai voluto dare contezza al tuo modo di pensare?
Lavoro nel mondo cinematografico e ho immaginato, da ideatore e regista di questa storia, di fare la comparsa come Alfred Hitchcock in tutti i suoi film, perciò quel consigliere comunale che il protagonista incrocia nel municipio del suo paese sono proprio io!
Il continuo richiamo al calendario, indicando sia la che il santo del giorno, oltre ad essere funzionale alla trama, sembra quasi un conto alla rovescia verso una decisione che in fondo nessuno vuole evitare, ovvero la discesa dell’Italia che deve solo decidersi da parte stare. È così?
Ogni uomo al potere vede nella storia che gli passa davanti un’opportunità da afferrare o una sciagura da evitare. Salandra si trova al potere in quel momento e coglie al volo l’opportunità per completare l’unità del Paese e sedersi al tavolo dei vincitori. Giolitti grida alla neutralità solo perché non è al potere, dove vorrebbe tornare per guidare lui stesso la guerra. La storia di quelle settimane è un conto alla rovescia verso l’impegno che il Re, prima ancora che il governo, ha assunto con Francia e Gran Bretagna. Con o senza il parlamento l’Italia entrerà nel conflitto e il romanzo termina appunto il 23 maggio, il giorno prima che il Piave mormorava al passaggio dei primi fanti.
In questo romanzo, un personaggio su tutti, Francesco Sarto alias Franz Schneider, sembra incarnare l’anima nera che trama per mettere in piedi il complotto austriaco contro il governo italiano di cui ha sentore casualmente Serrano durante il suo viaggio in treno a Tivoli, quando incontra un ex collega giornalista che gli dirà una menzogna. Ieri come oggi i servizi segreti che tramano nell’ombra. Misteri, false piste, segreti. Cosa ci insegna la storia? Cosa ci lascia il tuo romanzo?
Le spie sono già nei racconti biblici, perciò scoprire segretamente cosa sta facendo l’avversario è una strategia vecchia come il mondo e maledettamente attuale soprattutto durante conflitti e quando un Paese rimane neutrale, allora si fa di tutto per convincerlo a scendere nella mischia. Il mio romanzo vuole spostare l’obiettivo non solo sui personaggi che affiancano e consigliano i potenti, ma su quegli anonimi “soldati” che in tutte le epoche tramano segretamente per giungere a un obiettivo ancora prima di muovere le truppe.
Secondo te quali sono gli errori più comuni che si commettono quando si scrive un romanzo storico?
Banalizzare la trama e i dialoghi, cadendo nei pregiudizi che abbiamo su un periodo storico e costruire personaggi che diventano macchiette o stereotipi. Per questo è importante fare ricerche approfondite senza idee preconcette e magari si scopre che in quel periodo, per alcuni aspetti, le persone erano più avanti di quello che crediamo o molto più indietro di quello che pensiamo.
MilanoNera ringrazia Alessandro Ferranti per la disponibilità