I sotterranei di Notre Dame



Barbara Frale
I sotterranei di Notre Dame
NewtonCompton
Compralo su Compralo su Amazon

I sotterranei di Notre Dame è un colto affresco medievale, arricchito dalle componenti esoteriche spirituali talvolta al limite dell’eresia che caratterizzavano la vita dell’epoca, con per principali antagonisti il re di Francia Filippo il Bello e il pontefice romano Bonifacio VIII (della potente e antica stirpe dei Caetani). Per chi non sapesse di Filippo IV precisiamo che dobbiamo al “santo” nonno del monarca francese, Luigi IX, sì alcune vittoriose (?) crociate in Terrasanta ma anche quella esecrabile contro gli albigesi (i catari), che assunse la forma di un vero e proprio genocidio. Poi sempre per amor della precisione, Filippo IV il bello era soprannominato sia dai suoi nemici che dai suoi ammiratori il “re di marmo” o “re di ferro”, per la sua inflessibile e dura personalità. Il suo regno, da molti storici considerato di rottura, sollevò molte polemiche. Uno dei suoi più accaniti oppositori, Bernard Saisset vescovo di Pamiers, diceva di lui: “Il nostro re è come il gufo reale, il più bello degli uccelli, ma statico e che conta poco; è l’uomo più bello del mondo, ma sa solo guardare la gente senza aprire bocca.”
Vero, non vero? Mah certo, anche se non apriva bocca, pensava sicuramente ai suoi interessi e soprattutto a far cassa in tutti i modi perché non si peritò di sterminare tutti i Templari per impadronirsi dei loro favolosi beni. Suo antagonista, come detto sopra, Bonifacio VIII,
fu uno dei pontefici più controversi e discussi del medioevo. Papa dal 1295, non risulta che abbia fatto uccidere il suo predecessore Celestino V, che aveva facilmente indotto alle dimissioni, ma non badò a mezzi per farsi largo tra i rivali romani ed eliminare i nemici (i Colonna) che congiuravano contro di lui. Vissuto in un periodo storico di forte transizione in cui gli stati europei si stavano evolvendo da monarchie feudali a stati nazionali e diventavano sempre più indipendenti dal potere temporale della chiesa, Bonifacio tentò con forza di opporsi a tali mutamenti, cercando al contempo di ristabilire il primato papale, ma non ebbe mai la strada in discesa con Filippo IV che lo sfidò in diverse occasioni anche a rischio di farsi scomunicare. Ma il suo piano di affermazione teocratica era ormai anacronistico e nonostante la mossa felice dell’istituzione (1300) del giubileo, breve ma felice parentesi di pace, che gli permise di rimpinguare le finanze pontificie, la sua successiva condotta politica (intervento nella vita di Firenze, ecc.) mostrò la debolezza della sua posizione e l’offesa di Anagni, che segnò il culmine del conflitto con Filippo il Bello, concluse drammaticamente la sua vita.                                                  Ma ora basta e passiamo a  due parole sulla trama senza dire troppo per non togliere al lettore la giusta curiosità di andarsi a leggere il libro. Siamo a Parigi nel 1301 . Filippo il Bello,  sempre gelido, schivo, indifferente, questa volta pare disposto a tutto. Quale mai potrebbe essere il fatale evento in grado di minacciare il suo regno e tutta la sua discendenza? C’è veramente un segreto nascosto nei sotterranei di Notre-Dame? Un prodigioso farmaco in grado di debellare una spaventosa epidemia? Ma se così fosse, l’unico uomo che può svelarlo è a Roma e, protetto dal papa, si nasconde in Vaticano….
Il sovrano francese, sua moglie la fiera Giovanna di Navarra e i suoi fedeli consiglieri devono provare ogni strada per raggiungere a Roma Arnaldo da Villanova, per le sue origini detto il Catalano, geniale e contestato medico di Bonifacio VIII. Arnaldo da Villanova già. Lui  che un tempo esercitava a Parigi, legato strettamente a Filippo il Bello, poi dal re imprigionato con l’infamante accusa di ingiurie contro la chiesa. Poi liberato in virtù del perdono del pontefice. E quale mistero lega Filippo di Fontainbleu al Catalano? Ora poi  il re di Francia pretende che torni da lui. Per quale motivo? E come moneta di scambio usa il vescovo di Pamiers che ha fatto arrestare. Il cardinale Matteo d’Acquasparta, che ha avuto l’ingrato compito di sondare il pontefice non ha troppa fortuna.  E Bonifacio VIII, che si sente in pericolo e teme che Filippo il Bello stia orchestrando un complotto contro la Santa Sede, affida al nipote, Crescenzio Caetani, giovane studente in Medicina, che ha già usato in un altro intrigo, il compito di indagare coinvolgendo tutta la famiglia: il fratello maggiore cardinale e la sorellina, la dodicenne Maddalena che ha saputo entrare confidenza con il Catalano.                                      A Roma intanto, su ordine della Signoria e con la scusa di ragioni di studio ma in realtà per investigare sulle vere intenzioni del re di Francia e del papa su Firenze è appena arrivato Dante Alighieri. E visto che l’anno prima in occasione del Giubileo, Crescenzio e Dante sono diventati amici, il fiorentino diventerà il loro segugio letterario, disposto a  scavare nei polverosi meandri della Biblioteca Apostolica, sfogliando i più rari trattati medici dell’ antichità, nell’intento di scoprire cosa angoscia il monarca più potente della cristianità. Un segreto che il Catalano, che tra le sue tante virtù ha anche quella di saper ben giostrare con tutto lo scibile arabo, deve conoscere, e che potrebbe rivelare…
Ho parlato di principali antagonisti perché, in questo suo romanzo corale, Barbara Frale mette intanto sul piedistallo due straordinarie figure femminili, forse le vere protagoniste della storia: la regina di Francia e di Navarra Giovanna, eccezionale, lucida e pragmatica tempra di leonessa, moglie, amante appassionata e madre pronta a tutto per salvare la sua famiglia e Maddalena Caetani, innocente e solare ragazzina, forte ma pieghevole come un giunco, intelligentissima e soprattutto dotata di facoltà di umanità e di comprensione che la renderanno indispensabile nel contesto della trama. E anche altri personaggi femminili rappresentano imperdibili cammei nel succo della narrazione. Tra i personaggi maschili voglio citare un Crescenzio vivace, stuzzicante con per spalla un Dante un po’ spento, poco mordace e ormai condannato dalla profezia a vagare per sempre ramingo lontano dalla sua Firenze.
Ben calibrata la ricostruzione di un cattolicesimo fanatico che portava in sé ancora potenti  e liberatori influssi pagani, umiliato talvolta da supine barbariche credenze legate al commercio carnale, martoriato anche dall’atroce punizione della sodomia che condannava a morte la prole di chi avesse peccato.

 

Patrizia Debicke

Potrebbero interessarti anche...