Spartaco

Anno 682 ab Urbe condita… Il circo Massimo, i grandi ludi gladiatori offerti al popolo dal pontefice Metello Pio, dal generale Gneo Pompeo Magno e soprattutto dal generale Licinio Crasso per celebrare la vittoria sulla rivolta di Spartaco, interrompendo la narrazione con un flashback continuo, fanno da cornice e da macabro refrain alla breve ed eroica odissea dell’invincibile tracio, il simbolo di libertŕ, lo schiavo che ha tenuto in scacco Roma.
Ma lo Spartaco di Marcialis č un affresco corale. L’autore, pur concedendo al gladiatore ribelle il podio, non ne fa l’indiscusso protagonista, ma ci regala un romanzo che offre svariate sfaccettature, ben inserito nella saga storica dedicata a Roma.
In una convincente ricostruzione ambientale, introduce con mano felice una serie di figure maschili e femminili sofferte ma credibili.
Ci presenta una Roma cupa, apocalittica, putrescente, con la gloriosa tradizione repubblicana che volge alla fine, condannata da distorte credenze, dalle aberrazioni e dagli incommensurabili vizi dei suoi cittadini. Una realtŕ dominata dalla sopraffazione morale e materiale. Assistiamo a un crescendo di morte, disfacimento, prevaricazione, oscuritŕ al quale si mischia politica e opportunistica amoralitŕ.
La rivolta degli schiavi e la sua feroce repressione si chiudono in un giorno limpido assolato, che abbevera il Sele con un vermiglio affluente di sangue.
Alla vicenda di Spartaco, robusto filo conduttore, fanno da contraltare e si intrecciano le storie e i destini di Decio, Claudia, Floro.
Ma solo a Floro Quinzio, il centurione, sarŕ concesso il diritto di scegliere e accettare Caio Giulio Cesare, il diplomatico, il grande condottiero, l’abile navigatore, il burattinaio occulto che avanza e inizia la sua scalata al potere.

patrizia debicke

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