Thriller Ambassador. Seconda manche. Villain: i grandi “cattivi” dei romanzi. Cosa li rende così temibili e affascinanti?

Seconda manche della sfida per diventare il primo Thriller Ambassador Italiano e andare ad Amsterdam a incontrare Karin Slaughter.
I partecipanti sono stati invitati a scegliere un argomento tra quelli proposti e a farne un articolo.

Villain: i grandi “cattivi” dei romanzi. Cosa li rende così temibili e affascinanti?

“Dentro di noi abbiamo un’Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare.”
Carl Gustav Jung

Bene e male, amore e odio, vita e morte. Opposti che si attraggono, si sfiorano, incontrano e scontrano. Strade destinate a congiungersi creando incroci pericolosi. Da sempre, e non solo nei thriller, il dualismo bene e male è ciò che si nasconde tra le pieghe della storia. Soffia sul fuoco e lo alimenta. Lo mantiene vivo.
E questo perché una narrazione diversa, dove il solo bene fosse preso in considerazione, risulterebbe finta e irreale. Perché il male non è assenza di bene o viceversa, sono entrambi parte della nostra vita. Sono la parte visibile e quella nascosta della luna. Non si può semplicemente fingere che uno dei due possa essere messo da parte. Sono poi le leggi, la morale e le proprie intime convinzioni a decidere la prevalenza di uno dei due.
L’alternanza e la contrapposizione sono inevitabili e dar loro voce anche nei libri, rappresenta un modo concreto per catturare e solleticare il nostro interesse. Per rafforzare la sensazione di trovarsi nel quotidiano e non in un mondo fantastico e idealizzato.
I cattivi, i malvagi, anche i cosiddetti “mostri”, non sono invenzioni della nostra mente, ma una rappresentazione della realtà. Brutta quanto si vuole, ma pur sempre realtà. Perché i “mostri” esistono sul serio e non si nascondono sotto i letti per spaventare i bambini quando si spengono le luci.
Rabbia e violenza sono parti istintuali di ognuno di noi, e il loro inserimento nelle storie è imprescindibile per mantenere vivo e attento l’interesse del lettore.
Sono la rappresentazione della parte oscura, dell’istinto non represso. Sono libertà assoluta, senza vincoli morali, e rappresentano soprattutto la necessaria contro bilanciatura dei personaggi positivi. Sono una parte di noi stessi, quella senza filtri, senza restrizioni, senza regole dettate da buonsenso, educazione, religione… Sono uno specchio che riflette la nostra parte nascosta, repressa, inespressa. La nostra parte animale che esce dalle gabbie e graffia, ruggisce. Morde e fa male.
La costruzione di questi personaggi è decisamente più complessa, perché è il male stesso a essere più ambiguo e al tempo stesso affascinante. La ricerca introspettiva e psicologica è più profonda e più sfaccettata la loro personalità. La ricerca della genesi del male, la descrizione della sua evoluzione e dei suoi risultati, rappresentano gran parte delle trame thriller e noir. Il male affascina, attrae, perché anche quando si manifesta in una apparente banalità è pur sempre mostruoso e come tale colpisce l’immaginazione e l’immaginario. Perché si vuole scoprire, capire e provare a dare un senso.
Spesso, poi, proprio la complessità di questi personaggi e quindi la loro accurata descrizione, li rende oltre che essenziali, in qualche modo simpatici. Al punto che il cattivo di carta riesce a coinvolgere il lettore fino a generare una sorta di empatia.
Quanti non hanno amato l’efferato Hannibal Lecter?
Quanti non hanno sorriso alla frase “Questa sera ho un amico per cena?, parteggiando apertamente per il “mostro” cannibale?
E tornando alle origini , chi non ha provato pena per il povero Frankenstein, ricreato e riportato in vita e condannato a una vita di solitudine, paura e violenza? Chi era il vero mostro?
E poi Edmond Dantes, Dorian Gray, Dracula e come scordare il fascino indiscutibile di Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo?
Esempi che stanno a dimostrare come sovente i personaggi non abbiano come solo e unico scopo quello di mostrare per contrasto la forza del bene, ma come riescano a farci vedere le cose da un nuovo punto di vista frammentando la realtà. Confondendo, mischiando e offuscando i confini tra bene e male e di come, pur nella loro indiscutibile valenza negativa, riescano spesso a rubare la scena ai buoni affascinandoci.
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La stessa Slaughter ha detto:
“Good writers know that crime is an entre into telling a greater story about character. Good crime writing holds up a mirror to the readers and reflects in a darker light the world in which they live.”

I bravi scrittori sanno che il crimine altro non è se non una via d’accesso al racconto di una storia più grande, quella dei personaggi. Scrivere buoni crime significa mettere uno specchio davanti ai lettori e riflettere con una luce più scura il mondo in cui vivono.

 

Cristina Aicardi

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