Tutto il nero di Cristiana Astori

Sul Giallo Mondadori di ottobre esce Tutto quel nero l’atteso romanzo di Cristiana Astori. Un thriller con sfumature noir che piacerà ai cinefili, ma non solo. MilanoNera, nella persona di Stefano Di Marino, ha intervistato l’autrice.

SDM Cristiana, finalmente esce il tuo romanzo ‘Tutto quel nero’. Ne è passato del tempo da quella foto che circolò sui giornali in cui ti si vedeva in prima fila al Dylan Dog HorrorFest. Da fan a professionista. In poche parole ci racconti il tuo percorso?

CA: Ogni volta che vedo quella foto ricordo la meraviglia con cui da ragazzina leggevo le storie del mistero. Ne ero così affascinata che il mio sogno è sempre stato quello di riuscire a creare qualcosa di simile. Scrivo dalla terza elementare, credo (nella mia passione sono sempre stata monomaniaca!), ma qualcosa si è smosso quando Alda Teodorani ha apprezzato alcuni miei racconti e li ha proposti ad Andrea Cappi che li ha pubblicati su M-Rivista del Mistero. Ho poi cominciato a dedicarmi alle traduzioni (Deaver, Westlake, Preston ecc.) che si sono dimostrate un’ottima palestra di scrittura. Intanto è uscita la mia raccolta “Il re dei topi e altre favole oscure” che ha suscitato l’apprezzamento del grande Joe R. Lansdale, e ora, dopo diverse antologie e numerose traduzioni alle spalle, eccomi qui con questo romanzo. Molti pensano che per diventare professionisti ci voglia fortuna e anche abilità, ma non bastano. Spesso si vede la scrittura come un rilassante e saltuario abbandonarsi all’ispirazione, ma se ne trascura l’aspetto più prosaico, che consiste nel passare serate e weekend a spaccarsi gli occhi e le dita davanti al computer, concedendosi come unica vita sociale la compagnia dei propri personaggi. Solo un folle lo farebbe, o uno scrittore.

SDM. Tutto quel nero è il tuo primo romanzo lungo ma hai già moltissimi racconti, saggi e antologie a tua firma. Che differenza hai trovato passando dalla narrazione breve a quella di più ampio respiro.

C.A. Sicuramente in principio è stato faticoso, perché avevo voglia di vedere lo sviluppo immediato della storia o di concentrarmi subito sulle scene più divertenti da scrivere. Però quando cominci a entrare nel vivo di un romanzo, finisce che ti affezioni e ti dispiace arrivare alla fine. Per questo stavo quasi valutando di scrivere un seguito di “Tutto quel nero” riprendendo gli stessi personaggi; il problema è che alla fine della storia in vita non ne rimangono molti…

SDM. Cinema, letteratura e fumetti. Passioni condivise e tra loro intrecciate. Il tuo romanzo nasce proprio da questa concezione globale di cultura popolare. Ce ne parli?

C.A. Adoro la cultura popolare, cinema, fumetti e tutto quello che ha a che fare con essa, come il Giallo Mondadori, di cui leggevo i classici fin da ragazzina… non avrei mai creduto che un giorno ne sarebbe uscito uno con la mia firma. In “Tutto quel nero” riverso anche la mia passione per i film. La mia idea non era soltanto quella di descrivere un certo tipo di cinema, (il thriller/horror anni Settanta), come accadrebbe in un saggio, ma quella di farlo rivivere, attraverso la protagonista, Susanna, che non conosce nulla di quel mondo, ma viene poco a poco risucchiata dalle sue ossessioni e dai suoi fantasmi.

SDM. Tutto quel nero si sviluppa intorno a un mistero ma anche a uno dei personaggi più amati del cinema popolare. Soledad Miranda. Come hai avuto questa idea?

C.A. La Miranda, oltre a essere un’attrice di culto per Quentin Tarantino (che l’ha citata anche in Jackie Brown) ha avuto una vita breve e sfortunata. La sua esistenza è avvolta da coincidenze inquietanti; inspiegabilmente, man mano che mi documentavo ne venivano a galla sempre di più e la tentazione di costruirci sopra una storia si faceva sempre più forte. “Tutto quel nero” non è però una biografia della Miranda: la presenza dell’attrice (o l’assenza, visto che si tratta anche di una ghost story) ha una funzione fondamentale nell’intreccio noir che è ambientato ai giorni d’oggi e che ho palesemente inventato.

SDM. So che hai affrontato una vera e propria indagine per procurarti gli elementi di supporto alla storia che hai scritto. Ci racconti questa tua avventura?

C. A. “Tutto quel nero” è incentrato sulla ricerca da parte della protagonista di una pellicola realmente esistente che ha forti motivi per essere definita “maledetta”, ma che ora non posso anticipare. La mia idea iniziale era di visionarla e inserirne le immagini nella storia, ma la faccenda si è fatta sempre più complessa. Su internet, infatti, si parlava soltanto della leggenda metropolitana a essa legata, ma del film non se ne trovavano tracce, né esisteva qualcuno che l’avesse vista o recensita. In una strana sovrapposizione tra finzione e realtà mi sono trovata ad agire io stessa come il mio personaggio; infine grazie all’aiuto di Carlos Aguilar, critico di cinema spagnolo ed esperto della Miranda, la pellicola prima scomparsa è stata ritrovata a Madrid e noi due siamo gli unici ad averla visionata. Ora però mi auguro che non sia davvero maledetta…

SDM. Una domanda di rito per chiudere. Sei già al lavoro su nuovi progetti?

C.A. Direi di sì, ma sono fortemente scaramantica e per ora preferisco non parlarne.

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