Un caso maledetto – Marco Vichi



Marco Vichi
Un caso maledetto
Guanda
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Un caso maledetto. Un’avventura del commissario Bordelli 
Se potete avviate il camino, o la stufa, mettetevi in poltrona davanti al fuoco che arde (se avete la barba bianca come me, consiglio anche un plaid sulle ginocchia) e quindi versatevi un calice, anche due, di Chianti: è la condizione ideale, o perlomeno una delle condizioni ideali, per affrontare “Un caso maledetto. Un’avventura del commissario Bordelli” di Marco Vichi (Guanda, 384 pagine). Ve lo dico subito: non sarò oggettivo (in fondo: chi lo è quando recensisce?), perché adoro tutto ciò che scrive Vichi. Mi colpisce la sua facilità, di scrittura per l’appunto, e la capacità di creare ogni volta un ambiente tanto familiare da renderlo completamente nostro. La trama di quest’ultima opera, di nuovo protagonista Franco Bordelli -ho perso ormai il conto di quanti romanzi sono a lui dedicati, tutti per Guanda- ve la lascio scoprire leggendo. Anticipo solo che siamo nell’inverno del ’70, che al commissario mancano solo tre mesi per andare in pensione e che una via del cuore di Firenze è teatro di un brutto omicidio. Chi conosce l’autore fiorentino sa perfettamente che i suoi gialli sono in realtà dei non gialli, nel senso che il meccanismo dell’indagine di polizia è sì un elemento importante della narrazione, ma non è il solo presente. Il contorno o cosiddetto tale, è a tutti gli effetti molto di più che un semplice corollario. E allora il giovane Piras, che nel frattempo è diventato vice commissario, la relazione di Bordelli con l’affascinante Eleonora e le cene coi soliti amici dove come di consuetudine ognuno di loro racconterà una storia (un libro nel libro, in pratica), diventano parte integrante, essenziale, del romanzo, così come i paesaggi delle colline di Firenze che stanno sullo sfondo -ma mica tanto sullo sfondo- e si fanno parte viva, diventando quasi essi stessi personaggi in carne e ossa. Grazie a Vichi, ogni volta ci immergiamo in un’altro mondo, dove ritroviamo ritmi lenti, consuetudini d’un tempo passato e princìpi che sono andati ormai perduti, quel senso di giustizia che solo chi ha tanta strada alle spalle può conoscere e praticare. Difficile capire come mai la serie di romanzi del commissario Bordelli non sia ancora finita in televisione. Magari c’è un motivo preciso che mi sfugge e che chiarirebbe il tutto in un sol colpo: di certo il successo sarebbe garantito. Se fosse una canzone “Un caso maledetto. Un’avventura del commissario Bordelli” suonerebbe come “Serpentin Prison” di Matt Berninger. Voto: 8.

Alessandro Garavaldi

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