Un colpevole in giuria – Ruth Burr Sanborn



Ruth Burr Sanborn
Un colpevole in giuria
Le Assassine
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Un’occhiata al sito delle “Edizioni le Assassine” alla voce “Chi siamo” ci porta a scoprire che la nuova casa editrice è formata da “ un piccolo gruppo di appassionate/i di crime che da anni lavora nel mondo editoriale, occupandosi di scelta dei libri, traduzioni, editing e comunicazione” e vuole esprimere “la propria passione per la letteratura gialla, proponendola nelle sue svariate sfaccettature –da giallo a suspence, deduttivo, hard boiled, psicologico, noir–, negli stili più diversi – fantasiosi, essenziali, sofisticati, semplici, d’antan – e nei contesti geografici più vari.” Una letteratura, aggiungo, le cui le cui autrici sono tutte donne.

Una delle collane delle “Edizioni le Assassine”, la Vintage, è dedicata a scrittrici dell’epoca d’oro del giallo classico, contemporanee, per intenderci, della grande Agatha Christie. Autrici spesso dimenticate che meritano, però, di ritornare dall’oblio in cui sono cadute.

Come nel caso di Ruth Sanborn, nata nel New Hampshire nel 1894 e morta nel 1942 in Norh  Carolina per un cancro al fegato, dopo aver scritto tre romanzi e più di cento racconti, storie del mistero, ma anche novelle romantiche, pubblicati da riviste importanti. La Sanborn fu anche membro della “lega degli autori americani

Un colpevole in giuria è un mistery a forti tinte rosa. 

Cominciamo dall’inizio. Nella cittadina di Sheffield, non è chiaro se in Massachuset o in Alabama, dodici persone sono segregate in una stanza. Sono i giurati che devono decidere della colpevolezza di Karen Garetti, accusata di aver ucciso il suo amante. Le finestre sono sigillate, il caldo è soffocante, ma la giuria è riunita da giorni e tarda a prendere una decisione. Nella stanza si fronteggiano due donne: la potente Mrs Vanguard e la giovane Cornelia Van Horn. La prima cerca, a suon di ricatti e di minacce, di convincere gli altri giurati a votare per la colpevolezza di Karen Garetti. Solo Cornelia le resiste, indomita. Così, quando Mrs Vanguard viene avvelenata da un caffè alla ioscina, non sono in molti a dolersene. A dir la verità, tutti i giurati presenti nell’aula hanno un serio motivo per odiare la defunta. C’è chi è stato umiliato dalla signora, chi ha perso il posto di lavoro a causa sua, chi è stato rovinato economicamente, chi si è vista sfuggire la possibilità di un matrimonio con l’uomo che amava e chi ha trascorso l’infanzia e la fanciullezza in orfanatrofio perché le possibilità di adozione sono all’improvviso svanite. Non solo: la perfida Mrs Vanguard ha persino avvelenato l’innocente gatto di una sua vicina: la signorina Angeline Tredennick. Il magistrato e il detective incaricati di indagare sul caso sanno che chiunque, nella stanza, aveva un movente per desiderare che l’orribile signora passasse a miglior vita. 

I sospetti degli investigatori, però, si appuntano su chi, oltre al movente, aveva anche il modo e la possibilità di commettere il delitto: il dottor David March e la dolce signorina Van Horn. Il primo ha soccorso Mrs Vanguard in preda a un malore e le ha somministrato un tonico avvelenato; la seconda le ha versato il caffè alla ioscina. Come se non bastasse, è chiaro che i due nascondono un segreto. Quale segreto? È compito dei detective scoprirlo, anche se l’apporto fondamentale alle indagini viene dalla curiosissima signorina Angeline Tredennick.

“Un colpevole in giuria” è una storia godibile, a tratti anche molto cattiva, perché vi assicuro che leggendola, anche voi sarete d’accordo con Miss Tredennick quando sostiene che Mrs Vanguard “meritava di essere avvelenata”. 

Per i lettori, scoprire l’assassino e le sue motivazioni non sarà affatto facile. Come in ogni giallo che si rispetti, l’autrice ci conduce per giri tortuosi, prima di mostrarci, alla fine, la verità.

Maria Cristina Grella

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