Sono passati tre anni dalla mia ultima intervista a Roberto Carboni, proprio sulle pagine di MilanoNera, e molto nella sua vita è cambiato. Oggi si dedica a tempo pieno alla scrittura creativa e all’insegnamento della stessa; è approdato felicemente alla grande editoria (n.d.r., Newton & Compton che fa parte di GeMS, il Gruppo editoriale Mauri Spagnol, secondo editore italiano); il suo penultimo romanzo, Il Giallo di Villa Nebbia, pur se uscito in tempo di pandemia, è stato uno dei maggiori successi del 2020, con addirittura sette ristampe. Lo incontro all’indomani dell’uscita de La collina dei delitti, il suo dodicesimo, pubblicato di nuovo da Newton & Compton.
Roberto, sei reduce da un trionfale firmacopie per il nuovo libro, che in tempi di pandemia ha ahimè sostituito la tradizionale “prima“ bolognese. Peraltro, dallo scorso febbraio in poi, le presentazioni letterarie sono avvenute quasi sempre online.
Quanto manca il pubblico a un autore abituato come te a un’intensa partecipazione?
Sono una persona schiva e riservata, eppure allo stesso tempo ho bisogno del confronto con il pubblico. Un romanzo si completa solo con l’esperienza del lettore. Ognuno, infatti, legge nella storia una propria storia. Perché la colora con i propri ricordi, desideri, e anche con il proprio inconscio. Quindi, per me, è molto importante capire come un altro essere umano ha vissuto e personalizzato il mio romanzo. É strano, ma quando esce un nuovo libro mi accorgo di non conoscerlo. In parte perché sto già lavorando ad altro, in parte perché la mia esperienza nello scriverlo è stata intima e non sono pronto per raccontarlo. Incomincio a capire un mio romanzo solo dopo che mi sono rapportato con un certo numero di lettori.
Il giallo di Villa Nebbia, che ha segnato il tuo debutto in Newton & Compton, è stato uno dei grandi successi editoriali del 2020, con addirittura sette ristampe, accolto con assoluto favore da lettori e critici, anzi salutato da molti come “il miglior giallo dell’anno”.
Immagino che per un autore sia onerosa la consapevolezza di dover bissare un risultato del genere…
Amo troppo scrivere per pormi qualsiasi problema di questo tipo. Quando ho mandato alla Newton & Compton la prima bozza de La Collina dei delitti, dopo qualche settimana ho inviato anche una mail che diceva: “Se non vi dovesse piacere, non è un problema, ne sto terminando un altro”. Scrivo perché amo farlo, e mentre scrivo (cioè, sempre) non penso ad altro che alla scrittura. Ogni mattina, al risveglio, prima di alzarmi, nel buio della camera, spiego a Margherita le idee che mi sono venute in mente durante la notte. Non vedo l’ora di cominciare a stenderle. E, una volta terminato il romanzo, cominciano le decine e decine di revisioni, che durano mesi, a volte anni. Passo giornate intere su una pagina, cercando la parola più corretta, la miglior struttura della frase. E non potrei desiderare una vita più avvincente.
La collina dei delitti, la tua ultima creatura, ruota attorno a una lunga serie di macabri ritrovamenti a Montebudello, sulle alture tra Bologna e Modena, ed è incentrata sul personaggio di Gabriele Moretti, un giovane architetto di successo che, senza spiegazione apparente, viene profondamente turbato dalla notizia di quegli avvenimenti. Drammatici incubi notturni iniziano a perseguitarlo, in uno stato sospeso che non è né sogno né realtà, dal quale si sveglia con la sempre più pressante consapevolezza di essere coinvolto in quei crimini e di averne rimosso il ricordo, perché insopportabile per la sua coscienza.
Ancora un tema psicanalitico quindi, per te che da sempre hai posto la psiche, i suoi turbamenti e le sue degenerazioni al centro della tua ricerca e dei tuoi scritti.
Io scrivo noir, non giallo. Il giallo è un genere chiuso nelle proprie regole, che sono rigide, e deve rispondere alle domande classiche: assassino, arma e movente.
Il noir si occupa degli istinti, scava dentro l’essere umano. Non è politicamente corretto, è al servizio della tensione e non fa quello che ti aspetti, ma quello che deve fare. Quindi, ti sorprende. Non solo ignori come finirà la storia, ma non puoi nemmeno immaginare ciò che accadrà mezza pagina dopo. E questo senso di sorpresa, quasi di sospensione, per me, è il più bel regalo che possa fare al lettore. Ma per farlo bene devo attrezzarmi con lampada, corda e picozza, e scendere nei meandri freddi e bui dell’essere umano.
La collina dei delitti, a differenza delle tue opere precedenti, è affollata da una moltitudine di vividi personaggi pur senza diventare un romanzo corale. Direi piuttosto che è un romanzo a voci contrapposte, che, narrando la storia da visuali diverse, concorrono a generarne la visione d’insieme.
Potresti magari parlarci di Silvia e di Anna Paola…
Sono personaggi paralleli al protagonista: l’architetto di successo Gabriele Moretti. Aiutano la narrazione, perché Silvia Conti (industriale un po’snob, mondana, disinibita e priva di scrupoli) a differenza del protagonista, conosce perfettamente cos’è accaduto sulle colline tra Bologna e Modena. E così pure Anna Paola, ex modella dominicana, caduta in disgrazia dopo un incidente al viso causato da un’iniezione di silicone difettosa.
I capitoli che le riguardano aggiungono via via tasselli alla storia.
Per chi ti segue da anni non è difficile notare che gli ultimi due romanzi hanno una caratteristica che li distingue nettamente dai precedenti: la contaminazione del noir, da te fino ad allora utilizzato in esclusiva, con il giallo investigativo. Qui in particolare l’indagine, impeccabile e intuitiva peraltro, è affidata al commissario Riccardo Alvoni, ortodosso solo nel ruolo, per il resto un tipo “strambo” che se ne va in giro per il centro di Bologna ruminando sul caso con la musica infernale dei Bathory sparata nelle orecchie.
Hai abbandonato per sempre il noir puro o il ricorso al giallo investigativo è stato strumentale solo a queste storie?
Beh, considero questa storia un noir purissimo, e anche un thriller molto teso. Però, la tua domanda è azzeccata. Fino a Il giallo di Villa Nebbia i miei romanzi arrivavano a 200 pagine o poco più. Il giallo di Villa Nebbia di pagine ne aveva 350, La collina dei delitti addirittura 480. Le mie storie sono dense, in ogni pagina accade qualcosa. Introdurre un’indagine (e quindi le riflessioni di un commissario) mi dà la possibilità di fare periodicamente il punto della situazione, riassumendolo così al lettore, che può memorizzare meglio la trama e i fatti più salienti. Questo espediente mi aiuta a rendere il romanzo più semplice da leggere. Più veloce e di conseguenza anche più avvincente. Un thriller non deve essere complicato, deve essere pressante, e questo può avvenire solo se è facilmente comprensibile. L’elucubrazione è un processo razionale e adulto, ma nemico della tensione.
Notavo ancora che gli ultimi due romanzi hanno segnato il prepotente ingresso nella tua narrazione del tema soprannaturale, per Il giallo di Villa Nebbia, e di quello esoterico, ne La collina dei delitti. Bologna, da sempre al centro della tua narrazione, ha poi con l’esoterismo un rapporto particolare: da un lato sede fino in epoca napoleonica di uno dei più feroci tribunali della Santa Inquisizione, dall’altro affollata di eretici, streghe, maghi e vampiri.
Qui tu riprendi un evento realmente accaduto, ovvero la spedizione del CNR da Bologna al Cimitero del diavolo in Siberia…
In effetti confondiamo la parola “soprannaturale” con “sconosciuto”. Cioè, come diceva un filosofo: se i fantasmi esistono, allora sono naturali, perché tutto ciò che esiste è anche, per forza, “naturale”. Nei miei romanzi il “soprannaturale” non si manifesta. Ma spesso esiste il timore nei suoi confronti, come accade nella vita di molti esseri umani. Quel… “Non ci credo, però non si sa mai”, che spesso ci accompagna e ci affascina. Ciò che racconto di Krasnoyarsk è vero. Cercate in rete e leggete quanto è affascinante: “Il luogo più spaventoso della Russia”. E in merito ho avuto la fortuna di confrontarmi con il ricercatore bolognese che ha diretto la spedizione scientifica nel Cimitero del Diavolo. Vi assicuro, mette i brividi!
Terminerei con una notazione sul tuo stile, che da essenziale e affilato si è fatto più avvolgente, senza per questo perdere il dono della sintesi e del colore. So che continua da anni il tuo studio di quelli che consideri i tuoi maestri letterari.
Ken Follett, per citarne uno, e…
Tutti, studio la scrittura di qualunque libro mi capiti sotto mano, eccellente o pessimo che sia. Ma dovrei dire: “Analizzo qualsiasi scritta io veda”. Un cartello in posta, l’etichetta della marmellata, uno slogan pubblicitario. Mi domando come l’avrei scritto io. Nei romanzi cerco di capire in che modo l’autore struttura la frase, come ricerca le parole, il suo modo di interpretare la tensione, se e come usa le subordinate. Raramente sono interessato alla trama di per sé. É la scrittura che mi attrae, la sua magia.
Credo che il vero miracolo operato da un buon libro non risieda in ciò che viene palesato, ma piuttosto nelle suggestioni che il testo stimola nel lettore. Dolcezza e fascino, ma anche brutalità e consapevolezza. È l’intera giostra delle emozioni che si trasformano in sentimenti. Uno specchio nel quale il lettore si riflette senza pregiudizi. E una finestra aperta sul mondo, perché la lettura è sempre un’esperienza di crescita collettiva.
Prima di consegnare in redazione questa intervista, rileggo le risposte di Roberto Carboni e mi accorgo, una volta di più, di quanto rara sia la sua capacità di incatenare il lettore con le parole, in un romanzo o durante una presentazione. Questo, credo, è il più sincero ringraziamento che gli posso rivolgere.
ROBERTO CARBONI, classe 1968, è nato a Bologna e vive sulle colline di Sasso Marconi. È autore di numerosi romanzi e docente di scrittura creativa a tempo pieno. Nel 2015 è stato premiato con il Nettuno d’Oro (in precedenza attribuito, tra gli altri, a Lucio Dalla e Carlo Lucarelli), nel 2016 con il premio speciale Fondazione Marconi Radio Days (premiati in precedenza Enzo Biagi, Lilli Gruber). Nel 2017 ha vinto il Garfagnana in Giallo, nella sezione Romanzi Editi Classic. Nel 2018 è stato vincitore del SalerNoir Festival di Salerno. Con la Newton Compton ha pubblicato con successo Il giallo di Villa Nebbia. Il suo sito è robertocarboni.com.