Un tempo strano – Joe Hill



Joe Hill
Un tempo strano
Sperling&Kupfer
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Quattro racconti lunghi (o romanzi brevi se preferite), quattro autentici pugni allo stomaco che hanno l’invidiabile capacità di tenere letteralmente il lettore incollato alla pagina.
Buon sangue non mente, insomma. E se mai ne ce fosse bisogno, Joe Hill, nome d’arte assunto da Joseph Hillistrom King, quarantottenne figlio del mostro sacro delle lettura mondiale, Stephen King, tira fuori il meglio di sé con quest’ultima opera, “Un tempo strano/quattro storie dark”, appena pubblicata da Sperling & Kupfer.
Chi altri, infatti, se non pochissimi al mondo saprebbero rendere credibili e convincenti storie come queste? Storie i cui ingredienti fantastici e inquietanti fanno palpitare il lettore al pari dei personaggi che interagiscono tra di loro e si dibattono in una trama, lineare, certo, ma imprevedibile per incipit narrativo, evoluzione, conclusione?
Conosciamo meglio i protagonisti delle quattro storie con un accenno appena alla trama, congegnata per dare scariche di pura adrenalina.
Un’avvertenza: questi racconti danno dipendenza, quindi se avete intenzione di cominciarne uno, mettetevi comodi, perché non riuscirete a staccarvi prima sapere che fine faranno i personaggi.
Il primo racconto si intitola “Istantanea” e si svolge nella Silicon Valley degli anni Ottanta. Protagonista è Michael Figlione un ragazzino tredicenne molto grasso e spietatamente bullizzato dagli altri compagni, quando ancora tale termine, bullismo neppure esisteva nell’immaginario collettivo. Michael, pochi amici e una passione sfrenata per le invenzioni tecnologiche, rimane impressionato nel vedere la signora Shelly Beukes che ben conosce, vagare scalza e seminuda. Sembra smarrita e si offre di accompagnarla a casa. Lei continua a parlare dell’uomo con la Polaroid che le ruba i ricordi e racconta a Micheal di non farsi mai fotografare da lui. Il marito, afflitto, confida a Michael che la povera signora è affetta dal morbo di Alzheimer e perde progressivamente la memoria, ma poco dopo incontra uno strano tipo con una strana macchina fotografica.
Secondo racconto, “Carica”. Il prologo ci porta nel 1993, nel ventre molle dell’America più razzista, quando Aisha, vede assassinare Colson, figlio della sua matrigna, che lei amava come un fratello. Ad ucciderlo senza motivo è stato un poliziotto bianco.  Vent’anni dopo, la storia di Aisha, diventata un’agguerrita giornalista, si incrocerà con quella di Randall Kellawa, amante delle armi e con quella di Becki, giovane commessa fin troppo disinvolta seppure profondamente ingenua, e di Rog, sposato a una milionaria proprietaria della gioielleria dove lavora Becki.
Fatale sarà la fine della storia tra Rog e Becki per dare inizio a una incredibile mattanza ma di cui fin troppo spesso leggiamo sui giornali e vediamo in tivù.
Nel terzo racconto, “Lassù”, facciamo subito la conoscenza di Aubrey Griffin, ventenne scorreggione, imbracato con un paracadute e pronto a lanciarsi da un bimotore Cessna insieme ai suoi tre amici, in memoria di una quarta amica morta di cancro. Ma Aubrey ha paura. E’ salito a bordo soltanto per i begli occhi di Henriette, ma non vuole più lanciarsi, nonostante sia già imbracato ad Axe, l’istruttore muscoloso. Sotto di loro una nuvola che nuvola non è, si muove in direzione contraria a tutte le altre. E su di essa il nostro atterrerà insieme all’istruttore e vivrà un’incredibile avventura da incontri ravvicinati del quarto tipo.
Infine, la chiusura con “Pioggia”. La scena iniziale è apocalittica, e ricorda la nevicata che avviene nell’Argentina dell’Eternauta, indimenticato fumetto degli anni passati.
Una pioggia assassina che farà strage.
L’incipit è da manuale: “La pioggia colse quasi tutti di sorpresa. Forse vi chiederete come mai tanta gente sia morta nel diluvio iniziale. Chi non c’era dice: «Ma a Boulder, quando piove, non si mettono al riparo?» Be’, ve lo dico io. Era l’ultimo venerdì di agosto e faceva C-A-L-D-O, caldo. Alle undici del mattino? Non c’era neanche l’ombra di una nuvola. Il cielo era così azzurro che faceva male a guardarlo troppo a lungo. Non si poteva proprio stare al chiuso. Una giornata gloriosa, come il primo giorno nell’Eden. Pareva che tutti avessero trovato qualcosa da fare fuori casa.”
A parlare una ragazza che nel presentarci il suo mondo, poco dopo vedrà morire anche Yolanda, l’amore della sua vita e tanti altri, trafitti da una pioggia micidiale che lacera carne e muscoli e lascia solo morte dietro di sè.



Roberto Mistretta

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