Philip Kerr- Violette di marzo



Philip Kerr
Philip Kerr- Violette di marzo
Fazi
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Berlino, 1936. Alla vigilia delle Olimpiadi, mentre il governo nazista è impegnato a offrire un’immagine trionfale della capitale e del regime, l’investigatore privato Bernie Gunther, ex poliziotto ostile a Hitler, è chiamato a indagare su un duplice omicidio che vede coinvolta la famiglia di Hermann Six, potentissimo magnate dell’acciaio, risorsa indispensabile per la politica bellica del Reich. Quello che sembra un delitto per rapina si colora a poco a poco di tinte sempre più fosche, di implicazioni sempre più inquietanti, che coinvolgono la Gestapo e i più importanti gerarchi nazisti. Gunther, figura di detective che rimanda a Marlowe e ai protagonisti dei noir americani, si muove con l’abilità di una volpe, insinuandosi con spavalderia e cinismo tra gli apparati di un potere che si rileva mefitico e letale. Philip Kerr, l’autore di Violette di marzo, titolo che allude alle conversioni dell’ultima ora al nazismo da parte di tanti, troppi, tedeschi, pur essendo scozzese riesce a offrire una rappresentazione della realtà quotidiana della Germania sotto il dominio nazista di rara efficacia e precisione storica. Nel libro compaiono, descritti con minuziosità e tragico pathos, i protagonisti di una delle pagine più tetre e sanguinose dell’umanità, Hermann Goering, satrapo colto e schiavo della morfina, Joseph Goebbels, mente allucinata della propaganda nazista, Heinrich Himmler, che amava le margherite e pianificava lo sterminio degli ebrei. Tutti ritratti nelle loro meschinità quotidiane, immersi nel clima sulfureo della Berlino che si sta preparando a ostentare il proprio potere attraverso l’allestimento delle Olimpiadi, in attesa di passare dalle gare ginniche ai carri armati. Non c’è nessuna pignoleria erudita nel romanzo di Kerr, eppure tutto quello che lui descrive è esattamente come viene riportato nei libri di storia, solo che l’autore ce lo fa vivere e sentire attraverso gli occhi del suo protagonista. Gunther è un personaggio eccessivo, sopra le righe, incapace di frenare un umorismo sarcastico spesso ridondante e fuori luogo, ma in realtà è il contesto in cui si muove a essere eccessivo, teatrale, barocco nella ridondanza degli orpelli di cui i gerarchi si addobbano: smisurata è la mole di Goering, come il suo appetito, senza limiti la ferocia della Gestapo, irrefrenabile il desiderio di potere, di sesso, di denaro, che divora uomini e donne senza disparità di genere. Nel bene come nel male, Gunther è profondamente impregnato del ‘deutscher Geist’, infatti si coglie in lui un senso dell’onore tipicamente prussiano e un amore disperato, ma palpitante, per la sua patria, prostituitasi ad Hitler. L’assurdità del nazismo si rivela nelle leggi che negano ogni principio illuministico: la giovane uccisa era una brillante insegnante, che nel 1934 aveva perso il lavoro perché il governo aveva tolto ogni posto nello stato alle donne, rispedendole a quella che doveva essere la loro unica missione, occuparsi della famiglia generando figli, futuri soldati del grande Reich. Ancor prima della costruzione dei campi di concentramento, agli ebrei viene addirittura vietato di vendere libri, neppure quelli usati, tanto grande è il terrore del regime di tutto ciò che può ricondurre gli uomini a pensare e a ragionare. Per essere certi che il lavaggio del cervello funzioni, si ricorre a ogni espediente, come quello di aggiungere a ogni professione l’aggettivo tedesco: in Germania non basta proclamarsi medico o architetto, occorre sottolineare di essere un medico tedesco o un architetto tedesco. Il risultato di questo indottrinamento di massa, di questa ideologia disumana, lo chiarisce Gunther in una semplice frase, dicendo che la vera caratteristica della vita dei tedeschi sotto la dominazione nazista è la corruzione. Persi i diritti individuali, infatti, ai cittadini non rimane che la legge del più forte, e il più forte è semplicemente colui a cui il nazismo ha assegnato una sia pur infima responsabilità nel suo apparato: poliziotti, guardie, infermieri, portinai dei grandi edifici dell’apparato statale… a tutti occorre pagare qualcosa nella speranza di ottenere ciò che un tempo spettava per diritto. Ė uno straordinario affresco, quello dipinto da Kerr, reso ancor più affascinante dalla complessa trama gialla, che percorre ogni pagina. Meritoriamente la Fazi pubblica Violette di marzo, che è una delle prime opere di questo grande e poco conosciuto (in Italia) autore, prematuramente scomparso nel 2018; è stata scritta nel 1989 e fa parte della trilogia berlinese, di cui speriamo vengano pubblicati gli altri due libri. Un’annotazione conclusiva: leggendo questo romanzo ci appare chiaro che il vero e incomprensibile mistero sia come abbia potuto un intero popolo aderire a un’ideologia che non è solo la negazione di ogni principio di umanità, ma anche di ogni diritto individuale, di ogni possibile aspirazione a una, seppur modesta, felicità.

Donatella Brusati

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