Non è la prima volta che leggo qualcosa scritto da Enrico Luceri e se torno a farlo non è solamente per il legame affettivo che mi lega a lui, ma soprattutto per il piacere di lasciarmi trascinare dai meccanismi perfetti dei suoi racconti. L’autore è infatti sempre molto attento e accurato nella costruzione delle trame al punto da lasciare spazio solo ai più piccoli dettagli, come si conviene a un giallo puro, di quelli che il lettore deve cercare tra le righe. Sa che ci sono perché il vero giallo deve essere onesto, seppur ingannevole, e deve impegnarsi per arrivare un attimo prima del detective di turno (che lo sia o meno di professione). E con la stessa cura Luceri realizza le sue trame, giocate spesso su delicati meccanismi psicologici, impegnandosi a stupire il lettore solo al momento opportuno, in quel limbo dove meraviglia e incredulità si incontrano per fare luce sulla vicenda. Leggere Luceri significa anche questo, lanciarsi in una sfida con l’autore, una sfida di intelligenza, fino all’ultima parola. E sembra davvero di verderli i suoi personaggi, così concreti e reali, vicini a ognuno di noi, con le loro manie, i vezzi, le paure e le disillusioni. Quattro racconti legati da un filo conduttore che allo stesso tempo incastra l’autore stesso nei suoi racconti, raccontandosi a volte, reinventandosi delle altre. E potremmo davvero esserci tutti noi in queste storie. E alla fine scoprirci capaci di chissà cosa. Basta tanto poco alle volte, per diventare chissà chi, magari uno scrittore di gialli. Con le proprie paure. E una vita segreta, incoffesabile.
(andrea franco su gentile concessione di operanarrativa.com)